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lunedì 27 gennaio 2014


Adalberto Baglivo






Prima ci ha pensato lo scrittore russo Aleksandr Puskin con la sua piccola tragedia "Mozart e Salieri" nel 

1830 (a sua volta messa in musica, poi, da NikolajRimskij-Korsakov), poi il celebre film Amadeus di Milos Forman, il quale conquistò addirittura otto premi Oscar. Sono questi due i principali "responsabili" della leggenda sulla rivalità tra Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri. I fatti storici sono andati davvero come raccontato dall'opera teatrale e da quella cinematografica, con un Salieri (FILE PDF) invidioso del rivale fino al punto di provocarne la morte? Certo, le due tesi che vengono sostenute con molta convinzione da Puskin e Forman hanno un impatto forte, ma tutto deve essere fatto rientrare nei confini di una semplice leggenda alimentata da più fonti.



Se proprio si vuole essere precisi, infatti, tra i due c'erano contatti cordiali e una stima reciproca, magari soltanto di facciata, ma scorrettezze vere e proprie non si sono mai verificate. Il primo anno in cui il giovane Mozart (aveva appena sedici anni) fa riferimento a Salieri è il 1773. Il piccolo salisburghese decide di dedicare alcune variazioni al piano sul tema "Mio caro Adone", tratto dall'opera La fiera di Venezia del legnaghese. D'altronde, questi sei anni di differenza erano piuttosto evidenti e Salieri aveva già conquistato la propria fama presso la corte austriaca degli Asburgo, a Vienna. I successi teatrali non si contarono nella sua carriera, basti pensare a opere come Armida, L'Europa riconosciuta, Tarare e Falstaff ossia Le tre burle. Diversamente da Mozart, poi, finché fu in vita venne acclamato come grande compositore, mentre l'austriaco morì stritolato da diverse difficoltà finanziarie e venne seppellito in una fossa comune.
 
                                                        Scena del film Amadeus


La stessa Europa riconosciuta non è altro che l'opera scelta per l'inaugurazione del Teatro allaScala di Milano nel 1778, un onore piuttosto prestigioso. Perché Salieri avrebbe dovuto essere invidioso di Mozart, nonostante l'eccentrica genialità di quest'ultimo? Proprio questo lavoro ci trasmette tutta la sua maturità di compositore, con virtuosismi tipici del Belcanto e colorature tratte dall'ispirazione di Gluck. Gli screzi tra i due, comunque, non mancarono. Nel 1790, infatti, Mozart accusò Salieri di plagio e di voler addirittura attentare alla sua vita, a causa della preferenza concessa all'italiano per quel che riguarda l'insegnamento della musica alla principessa del Wurttemberg. Inoltre, un altro episodio significativo in tal senso è quello relativo alla prima rappresentazione delle Nozze di Figaro; il primo maggio del 1786 l'opera di Mozart va in scena presso il Burgrtheater di Vienna e l'accoglienza non fu certo positiva



                                             Le nozze di Figaro-Inizio prove
Questo insuccesso venne giustificato dal padre di Mozart, Leopold, con il boicottaggio esercitato da Salieri presso il pubblico e l'imperatore Giuseppe II, grande appassionato di opera. In realtà, Salieri si trovava in Francia in quel periodo e difficilmente avrebbe potuto architettare tutto questo. Un altro aspetto che si è voluto contrapporre ai due è quello dell'etnicità della loro musica, mettendo da una parte la tradizione italiana di Salieri e dall'altra il germanesimo mozartiano. Invece, fu proprio lo stesso Giuseppe II che volle far operare i compositori di comune accordo, una sorta di visione "democratica" del teatro. Tra l'altro, i destini musicali in questione si sono più volte incrociati in maniera incredibile.
Ne è una chiara testimonianza la composizione de La clemenza di Tito (1791): inizialmente, venne pregato Salieri, in quanto si trattava del maestro di cappella e del massimo compositore d'opera di Vienna, almeno secondo il giudizio dell'epoca. I secchi rifiuti di quest'ultimo, però, consentirono a Mozart di divenire l'autore della musica di questa opera. In aggiunta, non bisogna dimenticare Salieri che dirige le composizioni sacre del "rivale" in occasione dell'incoronazione di Leopoldo II e Maria Luisa a Praga. L'ultima lettera di Mozart (FILE PDF), poi, quella che è datata 14 ottobre 1791 getta una luce piuttosto chiara su tale rapporto.
Alle sei sono andato a prendere Salieri e la Cavalieri e li ho condotti nel palco. Non puoi immaginare quanto siano stati gentili entrambi, quanto sia piaciuta loro non solo la mia musica, ma il libretto e tutto l'insieme. Hanno detto che è un'opera degna di essere rappresentata in occasione delle più solenni festività davanti ai più grandi monarchi, e che certo l'avrebbero rivista altre volte, non avendo mai assistito a uno spettacolo più bello e più gradevole. Lui ha ascoltato e guardato con la massima attenzione, e dalla sinfonia all'ultimo coro non c'è stato brano che non gli abbia strappato un bravo o un bello, e non finivano mai di ringraziarmi per il piacere che avevo procurato loro.
Purtroppo non si conoscono i giudizi delle lettere di Salieri, ma alla luce di tutti questi fatti la leggenda della loro acerrima rivalità non può che essere messa in discussione.


Mozart e Salieri: l’alleanza segreta
Un omaggio giovanile
Il primo riferimento di Mozart a Salieri risale al 1773 circa. Il sedicenne di Salisburgo, certamente su indicazione del previdente Leopold, dedica una serie di sei variazioni pianistiche sul tema “Mio caro Adone” ripreso dall’acclamata opera La fiera di Venezia (Vienna, gennaio 1772) del ventitreenne operista di Legnago il quale è l’astro nascente sulla scena teatrale della capitale. Antonio Salieri, protetto del compositore di corte Florian Gassmann e devoto amico di Gluck, lavorerà per cinquant’anni alla corte degli Asburgo (un record insuperato): giunto a Vienna nel 1766 dopo una impressionante serie di successi teatrali (1770-74) viene nominato compositore da camera a corte (1774) e in seguito, nel febbraio 1788 (alla morte di Bonno), diviene finalmente Kapellmeister, carica che mantiene fino all’anno del pensionamento (1824). Tra i suoi allievi più importanti ricordiamo Sussmayr, Beethoven, Schubert, Hummel e Liszt, allievi che, senza eccezioni, ebbero parole di lode per il maestro italiano e spesso gli dedicarono opere importanti. La posizione di Salieri è dunque di tale solidità che ogni presunta gelosia attribuita all’italiano nei confronti di Mozart è totalmente fuorviante. E’ dunque probabile che le Variazioni mozartiane siano state concepite come un omaggio da presentare al già influente compositore in occasione del viaggio a Vienna di Leopold e Wolfgang avvenuto nell’estate del 1773.
Va anche rilevato che quando a Milano viene aperto il Teatro alla Scala (1778; il Teatro Ducale era stato distrutto dalle fiamme nel 1776) è proprio Salieri a ricevere il prestigioso incarico di inaugurarlo e non Mozart, il quale vantava peraltro un’ampia frequentazione della scena musicale milanese avendo composto, su raccomandazione di Firmian, il governatore della Lombardia austriaca, ben tre opere nel periodo 1770-72.


                                              Mozart detta il "Confutabils" a Salieri

Il lavoro scritto dal compositore veneto per quella importante occasione, Europa riconosciuta(agosto 1778), mostra un autore maturo e capace di coniugare la vocalità italiana virtuosistica e ricca di colorature con le recenti tendenze dell’opera gluckiana: l’operista utilizza pienamente l’orchestra con sonorità dense e sinfoniche, la inserisce in un fitto dialogo con le voci (spesso ridotte all’arioso declamato, ma altrove condotte in duetti, terzetti e quintetti tipici della tradizione italiana; non manca, nel Finale primo, un concertato dello “smarrimento”) e la valorizza facendone sia uno strumento di “pittura” scenica, sia un mezzo per rendere l’azione drammatica concisa, animata e pertanto capace di valorizzare la vicenda teatrale. Lo stile delle colorature, poi, spinge più volte il canto nella direzione dell’imitazione della scrittura strumentale, in ciò anticipando la scrittura di alcune celebri arie di bravura del salisburghese. Europa riconosciuta è una partitura degna del massimo interesse (senza essere un capolavoro) che segna una tappa importante nel lavoro di nuova “fusione” tra sinfonismo e vocalità in ambito teatrale e quindi di ampliamento delle possibilità espressive, senza nulla togliere al canto “italiano”. Il Mozart del 1778, prolifico autore di opere fin a quel momento di modesto interesse (nel periodo 1768-75), non ha ancora prodotto niente di paragonabile alla coraggiosa opera destinata all’inaugurazione scaligera.


Il compositore Veneto che assassinò Mozart: Antonio Salieri


Antonio Salieri
C’è sempre più attenzione, in Italia, alle cosiddette civiltà di frontiera; realtà geografiche che confinando con Paesi stranieri si sono sviluppate come ponti fra culture, con contaminazioni e prestiti dai risultati spesso affascinanti. Basti pensare a Trieste come luogo deputato dello sviluppo di una letteratura e di una poesia fortemente mitteleuropea, molto più incentrata sui poli di Vienna, Budapest e Praga che non su influenze provenienti da Roma. A Trieste, ha scritto le “Odi di Duino” Rainer Maria Rilke; per molto tempo ha insegnato l’inglese James Joyce mentre già elaborava molti temi che sarebbero confluiti in quel capolavoro della letteratura del ‘900, che è l’Ulysses, forse influenzato dalle lunghe conversazioni con Italo Svevo, autore di capolavori ispirati alla psicoanalisi come, “Senilità” e “Una Vita”.
Italo Svevo, già nel nome rivela il desiderio di collocarsi a cavaliere di due culture diverse; era stato battezzato Ettore Schmitz, volle privilegiare l’identità culturale italiana senza peraltro rinnegare quella tedesca: per cui la scelta Svevo.
C’è peraltro un compositore frutto della grande stagione barocca veneziana, Antonio Salieri che ancor meglio di Svevo interpreta la figura dell’intellettuale che vive ai confini, a cavaliere di due diverse culture.
Salieri ha vissuto l’ultimo periodo di grande splendore della Repubblica Serenissima: era infatti nato a Legnago di Verona, nel 1750, trasferendosi adolescente a Venezia per studiare composizione sotto il grande L. Gassman che peraltro nominato Maestro di Cappella presso la Corte Asburgica a Vienna fece pressione perché il promettente adolescente lo raggiungesse in quella che era allora la capitale della musica classica europea per raffinare i suoi studi e trovare orizzonti più ampi di quelli, ormai, angusti, asfittici della Repubblica Serenissima in declino; declino splendido, fastoso, soprattutto per le arti e la musica, ma pur sempre declino.
Il Salieri apprese talmente bene la lezione dal suo Maestro, nonché mentore Gassman, da succedergli alla morte come nuovo Maestro di Cappella Asburgica.
Recentemente si è riaperta la Cattedrale della musica lirica europea finalmente restaurata: La Scala di Milano.
Disegno di Mozart
È segno di una nuova attenzione dei critici musicali alla grandiosa opera di Salieri, il fatto che si sia riaperta riproponendo, dopo duecentoventicinque anni, la stessa opera “Europa Ritrovata” con cui aveva, per la prima volta, aperto le porte al pubblico il tre agosto 1778.
Insomma da Salieri a Salieri, con un titolo che sembra anche plaudire al ritorno del “Altra Europa” in seno all’Europa tout court.
Ma che fine ha fatto allora la leggenda ripresa anche in tempo recente, dal bellissimo film Amadeus di Forman, di un Salieri, bravo ma non eccelso musicista, che compone con il sudore della fronte e che invidia il genio del giovanissimo Mozart che imberbe, compone un capolavoro dopo l’altro, apparentemente senza sforzo, solo per le sue eccelse doti creative? Invidia che alla fine lo spingerà ad avvelenarlo fino a farlo morire in giovanissima età? È una leggenda e come tale dev’essere presa: i melomani mitteleuropei, innamorati di Mozart non potevano immaginare che un genio creativo tanto amato dagli Dei, potesse da questi essere fatto scomparire tanto giovane, con chissà quale futuro di compositore davanti.
Era molto più facile, in termini emotivi, inventarsi l’avvelenamento di Mozart da parte di Salieri: l’invidia è un sentimento diffuso e molto più razionalmente accettabile che l’improvvisa scomparsa di un genio.
Questa leggenda, peraltro, ha in parte danneggiato la fortuna critica del Compositore Veneto, ne ha anche sminuito l’indubbio valore che gli era riconosciuto a Vienna anche dallo stesso giovane Mozart.
Con Salieri, la tradizione musicale di Venezia, una delle più importanti nel mondo, si è arricchita di un altro compositore di fama universale, sulla scia del Vivaldi (FILE PDF), del Tartini, di Benedetto Marcello.


La presunta rivalità tra Mozart e Salieri. Il mistero della morte di Mozart




Nonostante la fama e la relativa vicinanza storica del personaggio, molti aspetti della vita del grande compositore austriaco Wolfang Amadeus Mozart restano sconosciuti, in parte per l’estrema riservatezza di carattere del musicista, in parte per la fioritura di leggende e pettegolezzi
L’articolo prosegue dopo il video
sorti sul suo conto, che rendono difficile ai biografi riuscire ad estrapolare il vero dal falso per ricostruirne la reale fisionomia umana e morale.


                                           Amadeus-La semplicità del genio

Tuttavia, studi recenti e un’analisi più accurata della documentazione in nostro possesso, hanno almeno permesso di sfatare due presunti luoghi comuni che per un paio di secoli hanno pesato sulla figura di Mozart: la rivalità con Salierie la morte per avvelenamento, fatti che sarebbero stati strettamente correlati e che invece non sono mai neppure esistiti.
Antonio Salieri, nato nel 1750, era un musicista italiano molto apprezzato alla corte viennese, dove visse per gran parte della vita e dove ricoprì l’ambìto ruolo di compositore e maestro di cappella; secondo una tradizione originata da chiacchiere messe in giro già dai contemporanei, tremendamente invidioso del genio ineguagliabile del giovane compositore salisburghese, Salieri lo avrebbe a poco a poco avvelenato provocandone la prematura scomparsa.
Mozart morì infatti a soli 36 anni, il 4 Dicembre del 1791, ma non è del tutto veritiero che il fatto avesse suscitato sorpresa tra la gente: la moglie Costanza Weber, i familiari e la ristretta cerchia di amici che lo assistette fino alla fine, era da tempo preoccupata per le condizioni di salute sempre più visibilmente precarie del giovane musicista, aggravatesi nel corso di quell’anno e dovute a una serie di fattori che man mano le ricerche storiche e mediche vanno svelando.
Innanzitutto, bisogna premettere che le condizioni fisiche di Mozart non furono mai ottime: un malfunzionamento dei reni gli impedì un sano sviluppo corporeo e la statura si fermò a 1,52 centimetri; una congenita debolezza fu la causa principale di una serie di infezioni che contrasse ripetutamente fin dalla tenera età e che finirono con il minarne irrimediabilmente lo stato generale di salute; poco prima di morire, Mozart soffriva certamente di una grave anemia e manifestava segni di depressione e mania; se a ciò si aggiunge che mangiava sempre meno e beveva ingenti quantità di alcolici, la sua fine prematura non può stupire più di tanto.
Sul referto nel quale venne certificato l’avvenuto decesso dell’artista, la diagnosi fu di “febbre miliare acuta” , ma si tende a credere che fu un insieme di patologie, più o meno serie, più o meno gravi, a determinarne la morte.
Ma perché a lungo si è ritenuto che Mozart fosse stato avvelenato da Salieri?
La voce dell’insanabile invidia che l’italiano avrebbe nutrito nei confronti di Mozart circolava a Vienna da diverso tempo; quando Salieri, ammalatosi di demenza, durante un delirio affermò di averlo ucciso, a molti parve che questa fosse la logica conclusione dell’odio e del rancore provati dall’uomo nei riguardi del salisburghese, e sembrò la spiegazione più ragionevole alla sua morte prematura e dubbia.
Che però, in realtà, di dubbio non aveva nulla: anche nel XVIII secolo, come oggi, si faceva fatica a prendere atto della scomparsa di un genio, di un grandissimo dell’arte, e si tendeva a supporre le congetture più strane e fantasiose per rendere questa stessa morte più accettabile.
In realtà, Salieri non solo non nutrì mai rancore o invidia per Mozart, ma gli fu, pare, sinceramente amico, aiutandolo in diverse occasioni; inoltre, l’italiano godeva all’epoca di un successo maggiore del geniale collega, perché avrebbe dovuto invidiarlo, e invidiarlo a tal punto da ucciderlo?
Nel 1830 il poeta russo Aleksandr Sergeevic Puskin, “raccolse” il pettegolezzo e ne fece un dramma teatrale in versi dal titolo Mozart e Salieri, contribuendo non poco a rovinare la reputazione dell’innocente compositore italiano.
Che invece oggi viene rivalutato, come uomo e come artista, alla luce di nuovi reperti e testimonianze, che aiutano a comprenderne meglio il carattere razionale e matematico, opposto a quello fantasioso e fuori dagli schemi di Mozart, ma non per questo meno apprezzabile.
Salieri e il compositore di Salisburgo furono in realtà amici, rivali forse, ma sempre corretti e impregnati di reciproca stima; segno che, a volte, i fatti e la Storia sono più semplici di come vengono raccontati.
                                    Mozart Requiem Confutatios
                           
GENESI DI UN CONTRASTO
Vediamo ora se la storia può rivelarci qualcosa che non emerga dall'arte musicale e dalla inesistente rivalità.
Ebbene, la storia ci dice che il contrasto Salieri-Mozart non aveva ragione di esistere.
Allora, è stato inventato di sana pianta da un regista alla ricerca del favoloso artistico?
No, perché causa del dissidio fu proprio Mozart il quale, intorno al 1790, pur essendo all'apice della notorietà, accusò Salieri - occasionalmente in calo di notorietà - di plagio e di attentare alla sua vita.
Cosa c'era di vero in quest'accusa?
Alexander Wheelock Thayer, di professione storico, circa dieci anni prima dell'incontro Mozart-Salieri aveva sottratto al salisburghese il ruolo di insegnante di musica della principessa del Württemberg.
Per giunta, neppure l'anno successivo, Mozart era riuscito ad ottenere l'incarico di insegnante di piano della principessa.
A questi insuccessi "professionali" si aggiunga il contemporaneo insuccesso presso il pubblico (e presso l'imperatore) che segnò il debutto delle "Nozze di Figaro": dell'uno e dell'altro insuccesso Mozart accusò Salieri che ne avrebbe boicottato la candidatura e l'esecuzione .
Un riesame serio dell'insuccesso delle "Nozze di Figaro" ci rivela che, a quell'epoca, Salieri era in Francia per la prima della sua opera "Les Horaces": gli sarebbe stato ben difficile determinare a quella distanza il successo o l'insuccesso di un'opera del Mozart.
Molto probabilmente l'istigatore anti-Salieri fu il poeta Giovanni Battista Casti, che era un rivale del poeta di corte Lorenzo da Ponte, autore del libretto di "Figaro".
In sostanza la diatriba Mozart-Salieri non dovette essere altro che un caso montato ad arte. Infatti, stranamente, quando - nel 1788 - Salieri ebbe ad assumere la carica di "Kapellmeister" della corte imperiale, non propose per l'occasione un'opera propria ma una riedizione delle "Nozze di Figaro" di Mozart (l'amico-nemico!?).
Sta di fatto che, nel corso del tempo, si diffuse e consolidò la leggenda del presunto avvelenamento di Mozart da parte di un Salieri roso dall'invidia. Leggenda priva di qualsiasi fondamento che, tuttavia, ha ispirato diversi artisti nel corso dei secoli.
Forman non è stato né il solo né il primo: prima di lui, in analogo equivoco era caduto anche il poeta (e scrittore) russo Aleksàndr Sergeevic Puškin. Questi, nel 1830. aveva scritto "Mozart e Salieri" (altrimenti denominato n maniera modo sintomatica, "Invidia").
Puškin, nel suo brevissimo dramma in versi, immagina che Salieri - roso dalla gelosia - avesse commissionato al rivale il solito "Requiem"(FILE PDF), con l'intento di rubarglielo dopo averlo avvelenato.
In linea puramente di fatto, indubbiamente il "Requiem" era un'opera composta su commissione; tuttavia il committente era ben noto: si trattava del conte Fritz Von Walsegg ed era questi che poteva avere l'intenzione di spacciarlo per proprio in occasione dell'esecuzione delle esequie della propria consorte.
Non è mancato chi ha ritenuto giusto scherzare sulla vicenda narrata da Puškin affermando: "Se Salieri non ha ucciso Mozart, di sicuro Puškin ha ucciso Salieri".
Nel 1898, "Mozart e Salieri" andò in scena nella versione del compositore Nikolaj Rimskij-Korsakov . La musica è ispirata e dedicata al compositore Alexandr Dargomyžškij, mentre il libretto era dello stesso Rimskij-Korsakov, che si era basato sull'omonimo dramma di Puškin, e come questa l'opera si divide in due sole scene.
Le musiche vennero eseguite dal pianista e compositore Sergej Rachmaninov.
È del 1978 un successivo adattamento della vicenda mozartiana: con "Amadeus", infatti, il drammaturgo Peter Shaffer conquista i teatri di Londra.
La vicenda prende le basi del lavoro di Puškin e ne amplia la portata. Rimane l'invidia di Salieri e il "Requiem" commissionato da un uomo vestito di nero (Salieri mascherato), ma il tutto viene approfondito e, soprattutto, la narrazione avviene ad opera di Salieri stesso. Il testo subisce diverse modifiche, fino alla versione definitiva del 1981.
Per trovare l'ultima versione, il dramma di Shaffer, bisogna arrivare al 1984 quando Miloš Forman porta nelle sale cinematografiche il suo "Amadeus".
Non vorrei che il presente lavoro suonasse, come una giudizio assolutamente negativo sull'opera di Forman. In effetti da un lato il personaggio Mozart assume caratteristiche leggermente caricaturali; dall'altro sono ammorbiditi i lati negativi del personaggio di Salieri: il Salieri cinematografico (interpretato da F. Murray Abraham) è decisamente meno "negativo" di quello proposto nel dramma di Shaffer.
In buona sostanza i caratteri dei due protagonisti sono stemperati da un fondo di sottile ironia e mitigato da un grande senso musicale nella superba famosa scena della composizione del "confutatis maledictis".
So dovessi tirare le somme su quello che potrebbe essere di fatto accaduto tra Salieri e Mozart mi sentirei di concludere che:
  • è ben possibile che Salieri fosse animato di quella rivalità che contraddistingue i rapporti tra artisti di alto livello;
  • che questo non significa automaticamente che Salieri avesse la possibilità, l'opportunità, o la volontà di eliminare fisicamente Mozart dal suo orizzonte;
  • in ogni caso non ne avesse la convenienza;
  • d'altra parte non ci è dubbio che Mozart fosse un genio e che si sentisse quasi totalmente "incompreso" e che fosse un soggetto facilmente influenzabile e immensamente fragile.


Ma non è stato Salieri, né altri ad avvelenare Mozart


Tomba di Mozart
E adesso, dopo il successo internazionale del film Amadeus di Milos Forman, del 1984, chi riuscirà a levare dalla testa di centinaia di milioni di persone che il grande compositore salisburghese morì avvelenato da Antonio Salieri, per motivi di gelosia professionale?
La tesi non è nuova. Il regista cecoslovacco (allora esisteva ancora la Cecoslovacchia), per la sceneggiatura del suo film, si era basato sul dramma teatrale di Peter Shaffer intitolato, anch'esso, Amadeus, e portato sulle scene di Londra cinque anni prima, nel 1979, riscuotendo un enorme successo.
Ma la diceria che il musicista italiano c'entrasse, in qualche modo, con la morte improvvisa e un po' misteriosa di Mozart, avvenuta a Vienna il 5 dicembre 1791, era di assai più vecchia data. Correva voce che due infermiere dell'ospedale in cui Salieri, ormai vecchio e cieco, era stato ricoverato, l'avessero raccolta dalle sue stesse labbra, in punto di morte. E il compositore russo Rimksij-Korsakow l'aveva ripresa, facendone il fulcro della sua opera Mozart e Salieri, rappresentata a Mosca nel 1898.
Un altro artista russo, prima di lui, aveva creduto alla medesima leggenda, il grande poeta e narratore romantico Alexandr Sergeevic Puškin. Questi, nel 1830, scrisse il dramma teatrale in versi Mozart e Salieri, in un primo tempo intitolato, significativamente, Invidia. Il nucleo poetico dell'opera ruota intorno al fatto che Salieri, divorato dalla gelosia, avrebbe commissionato al detestato Mozart un Requiem con l'intenzione di spacciarlo per suo, dopo aver eliminato il rivale col veleno. Salieri, ovviamente, si sarebbe presentato mascherato allo stupefatto ed ingenuo Mozart, il quale avrebbe accettato un così strano incarico, spinto dalle ristrettezze economiche. Il tema è stato ripreso sia da Shaffer che da Forman, che ne sfruttano a fondo tutti gli effetti drammatici e inquietanti, in modo da conferire al "mistero" della morte di Mozart quella patina gotica che accresce il coinvolgimento emotivo del pubblico.
Va detto, però, che Puškin non aveva alcuna conoscenza di prima mano sulla vicenda; l'unico elemento reale a cui si è ispirato è la circostanza che, effettivamente, un tale conte Franz von Walsegg aveva commissionato a Mozart unRequiem e che poi, al funerale della propria moglie, tentò di farlo passare per opera sua. Fa una certa impressione, inoltre, il fatto che Mozart, al momento della propria morte, stesse lavorando proprio a un Requiem, poi completato dal suo amico ed allievo Franz Xaver Süssmayr. Ma è appena il caso di osservare che Antonio Salieri, in tutto questo pasticcio, non c'entra assolutamente  nulla.
Il movente del delitto? L'invidia di un maturo musicista che aveva assistito con sentimenti contrastanti alla fantastica ascesa del giovane Mozart verso l'Olimpo musicale europeo. Da una parte aveva provato sbalordimento, ammirazione incondizionata e quasi incredulità per il fantastico genio musicale dell'austriaco; ma, dall'altra, anche invidia, gelosia e rancore, tanto più dopo aver constatato - e ci voleva poco a constatarlo - l'enorme, abissale contrasto fra il Musicista Mozart e l'uomo Mozart. Il primo era un virtuoso, come se ne compaiono uno ogni due o tre generazioni; il secondo era, puramente e semplicemente, un ragazzaccio immaturo e irresponsabile, rozzo, insignificante, perfino volgare.
Perché dunque la natura aveva voluto far dono di un talento così fuori della misura a un simile individuo, mentre era stata assai più avara con un onesto musicista che aveva dedicato alla Musa l'intera sua esistenza, senza mai concedersi distrazioni (ma non era questo il caso di Salieri) e sacrificandosi al massimo?
Come ha scritto Bruno Walter nel secondo centenario della nascita (cit. in P. Buscaroli, La morte di Mozart, Milano, Rizzoli, 1996, p. 342):
"Nulla di quel che conosciamo dell'uomo Mozart corrisponde al creatore che fu. Un simile contrasto fra persona umana e grandezza artistica si trova in Bruckner, la cui natura ancor più ingenua per non dire primitiva, sembra porsi in un simile misterioso rapporto con la potenza e il significato della sua creazione."
D'altra parte, la grandezza di Mozart non aveva ricevuto quella consacrazione definitiva che spetta ai geni indiscussi. Ragazzo prodigio, aveva fatto molto parlare di sé, aveva compiuto tre viaggi trionfali in Italia e altri in Germania, Francia e Inghilterra; ed era ancora, alla vigilia del decesso, molto richiesto e ben pagato nella capitale austriaca, ove gli giungevano commesse da mezza Europa (anche se spendeva il denaro con troppa facilità e ciò lo metteva continuamente in uno stato di bisogno). Però la sua parabola aveva conosciuto una brusca caduta e, nonostante la rappresentazione di capolavori assoluti, quali Le nozze di Figaro (1786), il Don Giovanni (1787),Così fan tutte (1790) e Il flauto magico (FILE PDF) (1791), il successo strepitoso, che aveva accompagnato il suo esordio di efant prodige, gli aveva voltato bruscamente le spalle.
La sua situazione si era poi complicata con la morte dell’imperatore Giuseppe II, nel 1790, dopo dieci anni di regno, con il quale Mozart aveva avuto un rapporto complesso e tormentato; così come complesso e tormentato lo era stato fra l’autocrate “illuminato”, figlio della grande Maria Teresa, e la maggioranza ei suoi sudditi i quali, spesso, non capivano il senso del suo fervore riformista. A lui era succeduto sul trono degli Asburgo, ma solo pr un paio danni, il fratello Leopoldo II, già Granduca di Toscana; che, pur essendo anch’egli amante della musica, aveva un carattere e una visione delle cose molti diversi da quelli del predecessore.
Le opere di Salieri erano, nel complesso (e specialmente negli ultimi anni di vita del salisburghese), più famose e più apprezzate di quelle di Mozart; la gente le conosceva e le fischiettava; alla corte imperiale di Vienna, era lui l'astro musicale numero uno. Per attribuirgli l'intenzione di togliere di mezzo il povero Mozart, dunque, è necessario pensare a una sorta di premonizione; un presentimento che quel giovanotto (quando morì, aveva appena trentacinque anni) lo avrebbe soppiantato o, quanto meno, messo in ombra.
In un certo senso, sarebbe stato un delitto preventivo: Salieri avrebbe ordito la soppressione di Mozart per evitare di essere detronizzato da un giovane, ma pericolosissimo rivale, in un futuro non ancora delineato, ma inevitabile.
In Austria e in Germania, nel Settecento, la figura dell'artigiano o dell'artista italiano era abbastanza diffusa, e non particolarmente amata. Esisteva un pregiudizio contro quegli stranieri, di cui è traccia anche in diverse opere letterarie.
Ad esempio, nel dramma di Gerhart Hauptmann, Und Pippa tanzt! (E Pippa balla!), del 1906 - che ha per sfondo le conseguenze negative dell'industrializzazione sul lavoro artigianale -, alcuni boscaioli slesiani accoltellano in una rissa un vetraio italiano, Tagliazoni, dopo che il direttore della vetreria lo ha apostrofato con l'epiteto: "mascalzone di italiano".
Nel caso della musica e del melodramma - per non parlare dell'architettura - la presenza degli Italiani era malvista per ragioni di gelosia professionale, anche se si riconosceva che i musicisti italiani (e, in minor misura, quelli francesi) possedevano una competenza professionale incontestabile, che poggiava su una grande tradizione e la cui eccellenza era riconosciuta in tutto il mondo. Il melodramma, ad esempio, era stato dominato a lungo da Pietro Metastasio; anche i cantanti italiani erano molto apprezzati dal pubblico e dagli impresari - un po' meno dai loro colleghi tedeschi, per ragioni abbastanza facilmente comprensibili.
È in questo contesto, crediamo, che va collocata la leggenda dell'avvelenamento di Wolfgang Amadeus Mozart da parte di Antonio Salieri.
Ma chi era, dunque, Antonio Salieri, che si è portato dietro, nel lasciare questo mondo, una così spiacevole e ingombrante notorietà, un sospetto così odioso, come quello di avere ordito l'assassinio di uno dei massimi geni musicali d'Europa e del mondo?
Salieri era veneto, di Legnago (provincia di Verona), dove era nato il 18 agosto 1750, sotto il segno del Leone: segno della forza e dell'ambizione, per chi crede all'influsso astrologico dello Zodiaco.  La sua carriera di musicista era stata un crescendo di successi che, dopo averlo portato in giro per l'Europa, fra Parigi, Roma, Venezia, Milano e Vienna, era culminata nella sua nomina a maestro di cappella presso la corte asburgica, nel 1778, poi a compositore e insegnante di corte. Aveva debuttato con Le donne letterate, nel 1770; e, nel 1778, aveva inaugurato la Scala di Milano allora chiamata Nuovo Regio Ducale Teatro) con Europa riconosciuta, che gli era stata commissionata niente di meno che dall'imperatrice "illuminata" Maria Teresa d'Austria.
Amico di Metastasio e di Haydn, era considerato uno dei compositori più prolifici sia di musica sacra e da camera, sia di opere liriche all'italiana. Molto portato anche per l'insegnamento, il suo allievo prediletto fu Franz Schubert, che, alla sua morte - avvenuta a Vienna il 7 maggio del 1825 -, diresse personalmente il Requiem in Do minore che lo stesso Salieri aveva composto per la propria morte, più di venti anni prima.
Un musicista di prim'ordine, dunque, stimato e apprezzato in tutta Europa; anche se non un genio assoluto come Mozart, allora assai meno celebre di lui. Dopo la sua morte, però, è rapidamente scivolato nell'oblio, segno che le sue qualità artistiche non andavano al di là dei gusti musicali del proprio tempo; anche se, da qualche anno, è in corso un tentativo di riscoperta e di rivalutazione della sua vasta opera, comprendente trentanove composizioni per il teatro, alcuni concerti per pianoforte e orchestra oltre che per organo, parecchie variazioni su La follia di Spagna,serenate e concertini.
Tale il personaggio che avrebbe spinto la sua rivalità nei confronti di Mozart fino a concepire ed eseguire un delitto mediante avvelenamento, e a dissimularne ogni traccia con notevole abilità e sangue freddo.
Ma è credibile?
Intanto, cominciamo col dire che, se si vuol pensare che la morte di Mozart fu opera di un delitto,  esistevano altri possibili indiziati. Fra questi, e ai primi posti, non c'è una persona, ma una società segreta: la Massoneria, alla cui filosofia si ispira, come è noto, proprio Il flauto magico, l'ultima opera importante di Mozart e che è anche, un po', il suo testamento spirituale.
Tamino e Papageno, impegnati nell’impresa di liberare la bella Pamina, hanno forse commesso l’imperdonabile imprudenza di rivelare qualcosa che avrebbe dovuto rimanere segreta, violando così quel sacro dovere del riserbo più assoluto, che i liberi muratori si impegnavano a mantenere circa la propria società?
Alcuni storici lo hanno pensato e, in certi casi, si sono spinti fino a puntare apertamente il dito contro la Massoneria, che avrebbe attuato, avvelenando Mozart o costringendolo ad avvelenarsi, in  una sorta di sacrificio rituale. Ma la tesi è caduta da tempo in discredito ed è stata ormai praticamente abbandonata, per un insieme di ragioni alquanto verosimili.
Un ulteriore elemento di confusione - di macabra confusione - è stato portato, nell'enigma della morte di Mozart, dall'affare Hofdemel.
Il grande musicista dava lezioni di musica a una ragazza di nome Maria Magdalena, moglie di un certo Franz Hofdemel che, pare, sospettava esistesse una tresca tra i due; bisogna dire che Mozart non disdegnava affatto le scappatelle coniugali, a dispetto dell'immagine edulcorata, cara a certi suoi pii biografi, di un marito esclusivamente innamorato della moglie, Constanze Weber (che, da parte sua, non lo amava, anche perché era gelosa della sorella Aloysia, che riteneva esser stata il vero, grande amore di lui). Ebbene, il giorno dopo la morte di Mozart, questo Hofdemel si suicidò nel modo più truculento, tagliandosi la gola - alla presenza della moglie -, al termine di una violenta lite domestica. Inutile dire che corse subito voce che quel suicidio (e, forse, quel tentato omicidio di Maria Magdalena), avessero a che fare con la relazione di quest'ultima col musicista, se non anche, addirittura, con la sua morte improvvisa e, apparentemente, inspiegabile.
È stato un patologo americano, Artuhur E. Rappoport, a gettare finalmente un fascio di luce convincente sulla morte improvvisa di Mozart, nel 1981: tre anni prima, quindi, del film di Milos Forman. Ma a che cosa è servito? Il rapporto di un oscuro patologo non può competere, nell’immaginario collettivo, con le animate, coloratissime immagini di un film di successo, girato da un grande regista con larghezza di mezzi, e ammirato da milioni  e milioni di persone. Così, la “leggenda nera” di Salieri, divulgata incautamente da Puškin, è sopravvissuta e si è imposta, a dispetto di ogni evidenza.
Un musicologo italiano che si è lungamente interessato alla vicenda della morte di Mozart e alla sue oscure (o almeno così parve) circostanze, è stato Piero Buscaroli. Personaggio politicamente scorretto quant’altri mai, e indigesto alla destra più ancora che alla sinistra (uno, del resto, che non le manda a dire: celebre la maledizione da lui lanciata a Gianfranco Fini, l’indomani del Congresso di Fiuggi), Buscaroli è un formidabile conoscitore della musica tedesca, avendo, tra l’altro, scritto una monumentale biografia di Johann Sebastian Bach, della quale ci siamo altrove occupati (cfr. Francesco Lamendola, Johann Sebatian Bach, un musicista poeta, negli Atti della Società “Dante Alighieri” di Treviso, ma anche sul sito di Arianna Editrice) e di una ancor più voluminosa biografia di Ludwig van Beethoven.
Anch’egli, per qualche tempo, ha raccolto l’accusa rivolta alla Massoneria, per poi convincersi, dopo gli studi di Aloys Greither, musicologo e medico, e di Arthur Rappoport, che la malattia e la morte di Mozart furono dovute a una malformazione congenita del tratto uretrale o renale, di cui la malformazione del padiglione auricolare sinistro era un indizio che, oggi, alla luce delle moderne conoscenze di patologia, appare altamente significativo.
Ma ecco alcuni passaggi della ricerca svolta da Piero Buscaroli nel suo saggio La morte di Mozart, Milano, Rizzoli, 1996.
"Che Mozart morisse di veleno pare impossibile. Ma molti lo credettero, perché molte circostanze fecero credere che così fosse stato. La voce che fosse morto avvelenato corse immediatamente. Il Musikalisches Wochenblatt di Berlino lo affermò il 31 dicembre in una corrispondenza datata Praga, 12 dicembre. Non si facevano nomi, né moventi Maglaubt man vuol dire che la voce circolava. Nella biografia di Niemetschek comparvero insieme due capisaldi del repertorio di Constanze: la passeggiata al Prater in cui,eines Tages, Wolfgang le avrebbe detto il timore che lo stessero avvelenando; e quella regina delle favole, sacra al lacrimatorio universale, secondo cui scriveva il Requiemper se stesso." (Op. cit., p. 217).
"Il nome di Salieri si radicò dopo che, preda della demenza senile, si era accusato da sé, e siccome era bizzoso e inviso, fu creduto; dapprima per scherno e dispetto, poi con acre convinzione. Fu creduto perché era Welsch, terrone, italiano; e gl'italiani, che i sovrani tedeschi predilessero lungo due secoli, avevano benissimo meritato, per intrighi, sufficienza, ignoranza, e per quella loro pretesa, durata fino a Gasparo Spontini, di lavorare e spadroneggiare in Germania continuando a parlare e capire soltanto l'italiano, il compatto odio di cui erano attorniati"(p. 218)
"Morì, il povero Salieri, il 7 maggio 1825. Dopo due tentativi di tagliarsi la gola, due infermieri lo sorvegliarono notte e giorno, fino a che la morte lo colse, completamente demente. Quale che fosse la verità sulle piccole o grandi 'cabale' da lui ordite contro Mozart (che, in questo tema, era almeno altrettanto vivace) la lurida leggenda  che al suo nome di apprese fu una punizione immeritata, in cui finì col compendiarsi ,quasi una vendetta riassuntiva e simbolica, la rivalsa dei musicisti tedeschi contro la soggezione in cui gl'italiani li avevano tenuti per due secoli.
"Puškin la trasferì, cinque anni dopo, nella letteratura d'appendice, e il cinematografo ne fece una ghiottoneria per le turbe evolute assetate di sapere e verità."(p. 219).
"Su questo soggetto [ossia, le cause del decesso di Mozart] mutai più volte opinioni in un quarantennio. Come un inquisitore scontento, ho esplorato tutte le ipotesi dell'avvelenamento: non certamente la più celebre, quella che l'attribuisce al povero Salieri. Roccaforte della mia certezza e del disgusto per l'autore russo che inventò l'accusa in sede letteraria,  la certezza di Beethoven: non avrebbe mai dedicato a Salieri  le tre Sonate dell'Op. 12, se la più pallida ombra avesse sfiorato il passato del vecchio, ormai svanito. Sono, anzi, sicuro che quella dedica fu un gesto di meditata rampogna  contro gl'inventori dell'accusa.
"Esplorai l'ipotesi di un veleno propinato da Constanze e Süssmayr. Poi, l'avvelenamento da parte dei massoni, sostenuta da molti e, nel modo più fanatico e risoluto, da Mathilde Lidendorff (1882-1966), la battagliera indomita psichiatra teosofa filosofa e scrittrice che fu seconda moglie al Quartiermastro generale dell'Armata imperiale germanica. Il suo furore antimassonico, di matrice ultranazionalista, antidemocratica e antisemita, è risorto, metamorfizzato in un bando di crociata ultracattolica,Mozarts Tod 1791-1971, il libro che tre medici scrittori, già specialisti mozartiani ciascuno per proprio conto, Johannes Dalchow, Gunther Duda e Dieter Kerner, pubblicarono «nel 180. Anniversario della sua fine violenta il 5 dicembre 1971».
"Diceva Prezzolini che fin quando non vi si fosse imprato a ridere della massoneria, invece di temerla, l'Italia non sarebbe stata nazione rispettabile.. Ma la Germania non deve passarsela meglio, e appare che i massoni vi siano tenuti in gran conto e timore, se i tre medici cattolici non trovarono un editore professionista e dovettero rifugiarsi sotto la guerriera insegna chiamata Hohe Warthe, ossia Alta Torre, di un nobile signore Franz von Bebenburg.
"Seppure dopo un'incertezza durata un paio d'anni, e una strenua analisi delle circostanze finissi per archiviarla, l'accusa principale dei tre medici ai massoni, di aver costretto Mozart a una sorta di suicidio rituale, mi parve profonda e convincente e, soprattutto, la più idonea a spiegare una quantità di misteri. Ancora nel 1988, un accigliato lettore mi rinfacciava di aver dato per provata, in una conferenza al Teatro Comunale di Firenze, la tesi dell'avvelenamento per opera dei massoni. È vero, passai per tale fase. Il fondamento dell'accusa, lo spiegamento dei particolari qui non riassumibili e non accessibili a chi non abbia tentato d'immergersi nelle oscurità di quella setta, ricreando però idealmente le condizioni dei tempi in cui era davvero seria e temibile, hanno lasciato in piedi una quantità di conseguenze, collaterali eppure incontestabili, di xui la mozartologia commerciale, per superficialità, pigrizia, ignoranza, o qualche altro tornaconto che ignoro, non si è ancora decisa a prendere atto. (pp. 344-45).
"Mozart morì di causa naturale: di più cause naturali combinate insieme: una malformazione congenita del tratto uretrale o renale; una epidemia diffusa a Vienna; l'eccesso dei salassi prescritti dai medici. Anche il padre di Hölderlin fu ucciso, in quell'età, da questo autentico flagello terapeutico che tolse dal mondo migliaia di malati non gravi.
"Quella morte per cause naturali ebbe l'aspetto innaturale dell'assassinio, e come tale fu trattata" (p. 346).
"Studioso di medicina e studioso mozartiano, Aloys Greither è stato insieme occasione e primo beneficiario della scoperta che ha chiuso con un punto fermo la secolare diatriba sulla patologia di quella morte: il costante rapporto tra la congenita malformazione dell'orecchio e un destino clinico che, latente per lunghi ani, un'occasione improvvisa volge in catastrofe: «La lunga e silenziosa malattia renale, che un'infezione condusse all'uremia finale, non può vedersi ogi sotto l'unico profilo dei danneggiamenti infettivi e tossici dei reni. Nel 1981 il patologo americano Rappoport, sulla base di una gran quantità di materiale specialistico e con l'appoggio di una schiera di altri specialisti, ha indicato, con significativi dati statistici, le correlazioni intercorrenti tra determinate malformazioni interne ed esterne.  Tali combinazioni si trovano, con quasi regolare costanza, nella coincidenza della malformazione di un padiglione auricolare con malformazioni congenite del sistema urogenitale" (p. 350).
"C'è una bizzarra previdenza nei ritardi di un libro. Se questo fosse stato finito e stampato, secondo i programmi, una quindicina d'anni or sono, non mi sosterrebbe la probabilis conjectura patologica, che ormai tien luogo di certezza e, collegata alla catastrofe di Hodfdemel, offre allo scenario complessivo della morte di Mozart la più probabile delle visioni possibili. A Greither e Rappoport, che hanno soldato il cerchio originario di reciproche influenze,; e agli studiosi che in circa vent'anni di analisi, congressi urologici, pubblicazioni specialistiche e lettere private portarono a maturazione l'ipotesi decisiva e la fecero conoscete, testimonio una gratitudine acutamente personale. Essi mi condussero alle soglie della soluzione che avevo lungamente cercato. E poco importa se mie deduzioni differiscano, su argomenti marginali, da quelle di Greither, come la decisione di completare ilRequiem,o lasciarlo da canto.
"Senza i lavori confluiti nella sintesi di Rappoport e il suo sviluppo, ritornato a Greither, il destino renale di Mozart sarebbe rimasto l'ipotesi, la cui acutezza risplende intera soltanto oggi, di J. A; Barraud, il primo che tentasse una diagnosi della malattia di Mozart, centoquattordici ani dopo la sua morte. Una diagnosi sbalorditiva per acume, logica e forza di convinzione.
"Infatti. Benché fosse stampata fin dal 1905, nessuno dei patriarchi che presiedono alla parassitaria bibliografia mozartiana se ne accorse. Né Albert, né Paumgartner, né Hildesheimer, né Robbins Landon, nessuno di coloro che su Mozart camparono per mezzo secolo, dalla sua storia traendo ogni sorta di onori e benefici, spinse le forbici della sua bibliografia fino alle pagine della rivista francese; o, avendone avuto notizia, provò la curiosità di andarsele a leggere. Il solo Anton Neumayr, che è medico, menziona la diagnosi di Barraud, «tra le diverse ipotesi» (pp. 352-53).
"Mozart non morì assassinato, ma il suicidio di Hofdemel, riflettendosi a ritroso, lo fece credere e colorò malattia e funerali di una tinta equivoca e lubrica, che, nello svariare delle ipotesi più assurde, sempre rimase" (p. 359).
Riposa in pace, dunque, povero Mozart. Sul presunto mistero della tua morte si è speculato abbastanza, ingrassando poeti, saggisti, registi di teatro e di cinema, giornalisti della carta stampata e della televisione.
Ora basta.
E che possa riposare in pace anche tu, povero Salieri. Chissà che, un giorno, si possa tornare a parlare di te come di un musicista non indegno; e non più, soltanto, come probabile o possibile regista dell'avvelenamento di Mozart, mosso da un'insana gelosia professionale.



 Introitus & Kyrie (MP3)