2.Musarò Giuliana
IL REQUIEM DI MOZART
La Messa di Requiem in Re minore K 626 è
l'ultima composizione di Wolfgang Amadeus
Mozart. Rimasta incompiuta per la morte dell'autore, avvenuta il 5
dicembre 1791, fu completata successivamente da Franz Xaver Süssmayr.
requiem introduzione |
L'opera è legata alla
controversa vicenda della sua morte, avvenuta il giorno successivo al completamento delle parti
vocali del Confutatis maledictis.
Stendhal, in Vite di Haydn, Mozart e Metastasio (1815),
parla di un anonimo committente (che si presentò alla sua porta nel cuore della
notte con una maschera come quelle di carnevale, un mantello scuro, aria
lugubre e una sacca contenente danari) che incarica Mozart, malato e caduto in
miseria, di comporre in quattro settimane una messa da requiem, dietro compenso
di cinquanta ducati.
Secondo l'ipotesi
avanzata da Stendhal, Mozart tentò di scoprire chi fosse il misterioso
committente, ma quando le forze cominciarono a mancargli per il duro lavoro e
non riuscì ad identificare l'uomo, si convinse che la messa che stava
componendo sarebbe stato il requiem del suo funerale.
Inoltre, allo scadere
delle quattro settimane l'uomo si presentò per ritirare la composizione, che
però Mozart non aveva ancora completato. Così, nonostante i sospetti del
musicista, gli offrì altri cinquanta ducati e altre quattro settimane di tempo:
inutili, poiché Mozart morirà lasciando l'opera incompiuta.
Una leggenda molto
famosa ma totalmente infondata vuole che sia stato il musicista italiano Antonio Salieri - invidioso del talento
di Mozart - a forzare il deperimento del già malato collega. Tale leggenda è
stata alimentata da Aleksander
Puškin nella sua opera teatrale Mozart e Salieri(1830),
e ripresa negli anni settanta dal drammaturgo nell'opera teatrale Amadeus di Peter Shaffer (1978).
Da Shaffer il regista Miloš Forman ha tratto il suo Amadeus (1984),
film nel quale tale leggenda è, appunto, narrata
documento |
La vedova di Mozart,
Constanze, che aveva litigato col marito ed era fuggita col figlio prima della
commissione del requiem, tornò appena in tempo per salvare l'opera dalle mani
del malfattore e delegò il completamento del Requiem (furono rinvenute decine
di spartiti alla rinfusa sulla scrivania del compositore) a tre allievi del
marito, per meglio avvicinarsi agli intenti originari: Joseph Eybler, Franz
Freistädler e, infine, Franz Xaver Süssmayr;
quest'ultimo era probabilmente stato il più vicino a Mozart negli ultimi tempi,
e (come egli stesso ebbe modo di dire anni dopo, interrogato in merito
all'autenticità dell'opera) ebbe probabilmente la possibilità di suonare
insieme al Maestro alcuni brani del requiem. Il suo apporto fu quello di
riordinare in modo omogeneo il lavoro dei collaboratori precedenti, e di
completare i brani totalmente mancanti del manoscritto.
Completato quasi
certamente entro la quaresima del 1792, il Requiem venne ritenuto per un certo
periodo opera del solo Mozart anche per il fatto che la calligrafia di Süssmayr
risulta essere molto simile a quella di Mozart: fino agli inizi degli anni
novanta del XX secolo si riteneva infatti che l'indicazione, posta in testa
alla prima pagina, recitante "di me W.A Mozart mppa. 1792" fosse
stata apposta da Mozart stesso. Ciò non bastò dal momento che nel 1825 il compositore e teorico della musica tedesco Gottfried
Weber, pubblicò un articolo intitolato "Sull'autenticità del
Requiem mozartiano", nel quale sollevava enormi dubbi sulla quantità di
musica effettivamente composta da Mozart e presente nella messa. La polemica
continuò per vari anni costituendo varie fazioni (Beethoven,
che possedeva una copia dell'articolo, riferendosi a Weber annotò su un fianco:
"o tu Arcisomaro", e ancora "o tu doppio somaro").
Fu probabilmente solo con
l'edizione a stampa di Andrè del 1827 che parte dei dubbi vennero fugati: forse
per la prima volta nella storia della musica, una partitura venne pubblicata
con un commento critico nel quale si tentava di stabilire con certezza ciò che
è certamente di Mozart e ciò che è di pugno d'altri; l'edizione Breitkopf
indicò poi con una M il materiale sicuramente mozartiano e con una S quello
attribuito a Süssmayr.
mozart ed il requiem |
Mozart - Requiem - Introit & Kyrie - Herreweghe ... Mozart -Requiem - Dies irae - Herrewegheby ...
lacrimosa |
recordare |
Analisi dell'opera
Mozart lasciò la
partitura incompiuta: ebbe la possibilità di portare totalmente a termine solo
il primo numero dell'opera (Introitus: Requiem aeternam); portò comunque
come di consueto avanti la stesura dell'opera scrivendo solo le parti
principali (le quattro voci del coro e dei soli - se presenti - e la linea del
basso con la numerica per la realizzazione del continuo all'organo), ed indicando di
tanto in tanto il motivo melodico dell'accompagnamento ove questo non fosse
deducibile dalle altre parti.
Thomas W. Shields:Mozart 1756-91 Sings his Requiem |
In questo stadio
primordiale sono pervenuti Kyrie, Sequentia (con
il Lacrimosa che si ferma dopo le prime otto battute sulle
parole "homo reus"), e l'Offertorium. Tutto ciò è verificabile
dal manoscritto originale conservato presso la Biblioteca di Stato di Vienna,
ricomposto verso la metà del XIX secolo o per donazioni o per acquisizioni dopo
la morte dei proprietari.
Esiste tuttavia la
possibilità che Süssmayr abbia avuto accesso ad appunti ed abbozzi mozartiani
non pervenutici. Constanze ebbe a dire anni dopo che in mezzo al noto disordine
in cui il marito lavorava Süssmayr trovò vari "foglietti" con degli
appunti: a testimonianza della veridicità di tale asserzione è nota l'esistenza
di un inizio di fuga sull'amen alla fine del Lacrimosa, abbozzata
su un foglio contenente anche appunti riferiti ad altri lavori (possibilità
scartata da Süssmayr probabilmente per l'eccessiva difficoltà che un tale
lavoro richiedeva)
Ipotizzando una
paternità mozartiana anche per i brani non di suo pugno si possono evidenziare
varie ingenuità. Süssmayr non si rese ad esempio conto che nel Benedictus -
in si bemolle maggiore - la coda strumentale aveva un andamento modulante, e
doveva servire per tornare a re maggiore, la tonalità del Sanctus (un
ponte modulante identico era usato da Mozart poco prima nel finale primo del Flauto magico); Süssmayr invece porta a
termine l'interludio strumentale trasportando l'Hosanna finale in
detta tonalità, cosa mai fatta da Mozart in nessuna delle sue messe precedenti.
In questa partitura si
fondono momenti di straordinario senso teatrale melodrammatico ad altri brani
rigorosamente classicheggianti. Fra i momenti di maggiore ispirazione
drammatica spicca sicuramente il Lacrimosa. Il compositore riesce,
attraverso l'utilizzo di brevi frasi di crome ascendenti
e discendenti assegnate ai violini contornate da
una scrittura corale di ampio respiro, a creare un effetto di pianto a stento
trattenuto, di preghiera umile e devota con un Amen conclusivo
in forte che esprime tutto il fervore religioso dell'autore. Il Lacrimosa è
per questi motivi da sempre considerato un banco di prova importante per direttori d'orchestra.
Per contrasto la rigorosissima fuga del Kyrie pone
non pochi problemi di precisione ritmica e intonazione al coro, senza per altro
cedere di un passo dalla drammaticità che impregna l'intera partitura
mozartiana. Infine un pezzo ricorrente fra i repertori sacri di molti cantanti lirici solisti
è lo splendido Tuba Mirum nel quale la teatralità del
compositore si fonde in modo egregio con la sacralità del testo, descritto
attraverso un sapientissimo utilizzo, prima separato poi unito, delle quattro
voci soliste.
Mozart: Requiem
Nel 1997 la
scoperta di un'inedita sinfonia di Pasquale Anfossi (nota oggi con il nome
di Sinfonia Venezia, 1776),
mostrò che la voce tenorile nel Confutatis maledictis nel Requiem mozartiano,
ne aveva ripreso una cellula melodica dall'Andante: sono uguali gli
intervalli (il brano è trasferito dalla tonalità in La minore a quella di Re
minore), la struttura armonica e l'articolazione ritmica, con le uniche
differenze della quarta nota del motivo e dell'aggiunta di una pausa ritmica
finale.
Anfossi Sinfonia Venezia
sanctus |
agnus dei |
Gottfried van Swieten |
Haendel |
Va inoltre ricordato che
nell'Introitus, sulle parole te decet hymnus Mozart
utilizza un cantus firmus, affidato prima al soprano solo e poi a
tutta la sezione, basato sul cosiddetto "tono peregrino", proveniente
dal repertorio gregoriano: un arcaismo che si rifà alla grande tradizione
polifonica tramandata sin dal Rinascimento, quello che padre Martini definiva
"stile sodo"
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