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domenica 23 febbraio 2014

[post5] Giuseppe Buzzanga - Beethoven, ultimi quartetti per archi (II parte)



Quartetto in la minore per archi op. 132, dedicato al principe Nicolas Galitzin, fine 1824 - fine luglio 1825

               [MP3]                                                                     [spartito]


I. Assai sostenuto - Allegro

II. Allegro ma non tanto

III. Canzona di ringraziamento - 
       Molto adagio

IV. Alla marcia, assai vivace - 
     attacca: Allegro appassionato






Ogni forma di contrapposizione fra l’Andante sostenuto e l' Allegro scompare dopo la introduzione; e subentra l’espressione d’uno stato d’animo unico, vibrante dall’uno all’altro momento con intensità diversa. Il tema dell’ Andante sostenuto si innalza dal violoncello al primo violino svolgendosi in piano, con un movimento d’armonie grave ed inquieto che in crescendo conduce all' Allegro ; e insieme con gli elementi vari componenti il primo gruppo tematico di questo (figura di movimento iniziale del violino, frase dolorosa del violoncello proseguita e conclusa dal violino, figura ritmica massiccia di « precipitazione ». discendente nelle quattro voci compatte) ne regge l’esposizione, lo sviluppo, la ripresa e la irruente Coda. Il secondo tema, nei violini (di cui Beethoven ha voluto sottolineare il carattere con l’annotazione dolce, e poi ancora teneramente), adempie ad una funzione distensiva, che per altro ha una durata molto breve, riassorbendosi quasi subito nelle forme di significazione angosciosa dominanti. Le prime due parti del secondo tempo (Allegro ma non tanto) poggiano sopra un tema in sé non particolarmente significativo, ma che acquista negli avvicendamenti tonali e modali, nelle alternative degli unisoni, dei canoni, dei cambiamenti ritmici, una espressione inquieta come una vana ricerca di riposo. 
Ma con l’entrata del Trio si diffonde ed adagia un motivo di Musette [PDF], la campagna è presente, amica fedele nel cui seno il cuore trova sempre un conforto di serenità. Seguitando, il movimento prende la consistenza di un leggero Ländler. Una figura massiccia o « grossolana » accentuata dal passo alla breve che la conclude, intercalato nella misura 3/4 con lo stesso procedimento e con significato analogo a un passo corrispondente del Trio dell’Eroica, e ad un altro simile del Quartetto op. 127 (e che richiama tuttavia anch’esso il tema fondamentale di quattro note), ne arresta solo per un momento l’effusione, che riprende subito dopo e finisce per riposare in molli cadenze pianissimo. Le parole apposte al terzo tempo: Heiliger Dankgesang an die Gottheit eines Genesenen, in der Lydischen Tonart (Canzona di ringraziamento in modo lidico offerta alla Divinità da un guarito) non autorizzano ad inquadrare, circoscrivere o materializzare in un misero avvenimento dell’esistenza comune (la malattia di cui Beethoven aveva sofferto nell’aprile 1824) il significato più vasto, umano e spirituale insieme, della musica. 
La Canzone incomincia con un Molto adagio, nel vecchio modo lidio (un fa maggiore con il si naturale) costituito da una lenta melodia, i cui periodi sono di volta in volta preceduti e commentati da una figura strumentale in imitazioni ad essa inscindibilmente unita.
modo lidio
Un sentimento mistico si diffonde man mano dal complesso armoniosissimo dei quattro strumenti; una preghiera ed una meditazione in cui l’anima sembra distaccarsi veramente dalla terra. Questa elevazione è due volta interrotta da un episodio (Andante, in re maggiore) di diversa fisionomia, a cui è apposta l’indicazione : Neue Kraft fiihlend (sentendo nuova forza) ; come se il corpo volesse richiamare a sé l’anima che già si librava in alto, in un risveglio di impressioni ed affetti umani: prima appena accennati, poi gradatamente più continui ed ardenti. Ma l’ascensione mistica riprende ogni volta con maggior fervore, per comporsi alla fine in un’atmosfera tutta spirituale. Il quarto tempo incomincia con un movimento di marcia che nell’insistenza del ritmo e nella perentorietà degli arresti in tronco sembra voler deliberatamente esprimere il ritorno realistico alla vita. Segue il recitativo: chè tale appare, per quanto l' autore non ve l’abbia scritto, e con un carattere naturalmente ancora più strumentale della Nona, il passo del primo violino che, prima sulla continuazione della marcia Più allegro poi sul battito febbrile di un movimento d’accordi e infine, solo, in Presto (alla breve), esprime alternative di slancio e d’abbandono, per ripiegarsi all’ultimo su se stesso (Poco adagio) in una figura di semitono discendente. Dopo la sosta d’un punto coronato, come il passaggio dall’uno all’altro di certi attimi essenziali e fuggenti, la stessa figura di semitono, nel secondo violino, sopra le altre concomitanti e integranti dei due strumenti inferiori, si stabilizza in una specie di nenia, accompagnando il primo violino che intona il suo canto di malinconia : un Allegro appassionato, il cui spirito corrisponde in forma più liricamente spiegata a quello dei primi due tempi. Il movimento è vivo ma la melodia è triste e agitata, finché all’ultimo il ritorno al modo maggiore e alla semplicità lineare non porta la conclusiva chiarificazione liberatrice. 

Grande Fuga (Grosse Fuge) op. 133 per quartetto d' archi (concepita per il quartetto Op 130) agosto-novembre 1825





                 [MP3]
       Ouvertura - Allegro

 

              [spartito]








Fu consigliato a Beethoven di sostituire questa fuga con un pezzo più leggero, ma si può ben pensare la poderosa pagina come ideologicamente connessa con l’insieme organico, fantastico e delicato a cui era stata destinata originariamente. Naturalmente senza fare violenza alla tipica forma di musica pura che la governa; per quanto Beethoven, con la frase significativa aggiuntavi: tantot libre tantot recherchée, sia venuto a sanzionare gli estremi di una licenza spregiudicata di artista superiore e di una disciplina austera di artefice: fantasia e regola unite in una sfida insieme ai troppo dotti e ai troppo romantici. Per quanto riguarda la Fuga in oggetto, si può pensare, riferendola al quartetto, ad una energica affermazione di vita dopo tanti episodi di sogno : la vita di un potente volitivo che si vendica dei momenti, pure tanto suggestivi e profondi, di dolce abbandono. 



         




                           [MP3]



            



Beethoven, quando separò il movimento dal quartetto op. 130, volle cercare di renderlo sia accessibile al pubblico sia di facilitarne l'attuabilità d'esecuzione. Per realizzare ciò in quegli anni, privi di mezzi per la riproduzione fonografica, elettronica o meccanica, una soluzione possibile sarebbe stata di elaborarne una riduzione per pianoforte a quattro mani; infatti con questa tecnica molte delle opere sinfoniche più complesse furono rese disponibili anche per esecuzioni "domestiche".
L'editore commissionò a qualcun altro la trascrizione, ma Beethoven rimase talmente scontento dell'esito, che egli stesso prese l'impegno di curarne l'adattamento che è oggi il manoscritto pubblicato come op. 134. Trattandosi di lavoro autografo, attraverso lo studio di queste pagine, è possibile capire sia le tecniche



Quartetto in fa maggiore per archi, op. 135, dedicato a J. N. Wolfmayer,1 luglio-ottobre 1826


                                                                                                                  [spartito]


                              [MP3]


I. Allegretto

II. Vivace

III. Lento assai, cantante tranquillo

IVDer schwer gefasste Entschluss






Il primo tempo (Allegretto) è nel complesso delle sue varie parti di un tipo nuovo (come espressione), d’un carattere che si potrebbe chiamare « umoristico con grazia ». Certo non troviamo qui la profondità né l’ampiezza espressiva dei quartetti precedenti. C’è un tema che all’inizio potrebbe essere chiamato a simboleggiare — analogamente all’altro (del Finale) che riporta le parole: Muss es sein? — una qualche interrogazione o proposizione tragica, o appello al destino o che altro si voglia immaginare per renderne il carattere grave, pensoso; e invece tutto si risolve nel giuoco di motivi leggeri, polifonicamente delicato: anche nella ripresa, ove tuttavia qualche elemento si fa più consistente, qualche accenno emotivo si amplifica e qualche voce interiettiva si rende più drammatica. Il Vivace incomincia con una frase ritmica dei bassi integrata dai contrattempi dei violini in piano e pianissimo e poi, dopo un’improvviso, strano richiamo in mi bemolle, forte (ricordiamo il subitaneo do diesis succedente a un do naturale, con la stessa alternativa di colorito, nel Finale dell' Ottava sinfonia), ripetuta con inversione di parti, sviluppata con alternative di crescendo, forte, diminuendo fino al pianissimo. Questo sviluppo continua anche nelle parti successive, poiché, per quanto i temi possano apparire a prima vista differenziati, pure una sola è l’idea musicale che si evolve attraverso le varie deduzioni. Dalla formula involuta sopra accennata si dispicca una figura ritmica di lancio in cinque note, che dà l’abbrivo e la guida ad una corsa ripetutamente ascendente, attraverso i toni di sol e di la, per spiegarsi infine quasi orgiasticamente nel ritmo ribattuto per 47 misure, sulle stesse cinque note, dai tre strumenti inferiori in ottava, mentre il primo violino insiste in una figura danzante svolgendola freneticamente. In questo ultimo episodio, in cui si scioglie, per così dire, il nodo concettuale di tutto il tempo, passiamo dal fortissimo, con sformati sui primi tempi di ogni battuta, al forte e poi, verso la fine, diminuendo al piano, sempre più piano, pianissimo, ppp, per ritornare, modulando, alla ripetizione della prima parte. Dell’entrata della melodia del terzo tempo sopra una armonia che prende gradatamente consistenza: si hanno altri precedenti esempi, di pari bellezza, nei tempi lenti del Quartetto op. 127 e della Nona Sinfonia, con la differenza che ivi si tratta della formazione graduale di un accordo di cadenza, dalla risoluzione del quale, con l’entrata della melodia appunto, si forma l’armonia piena e pacifica del tono ; mentre qui l’armonia, che si viene spiegando fin dal principio, è quella di un accordo perfetto (re bemolle maggiore), ciò che aumenta il carattere di immobilità, di quiete assoluta della posizione melodica. Questa si afferma così cantante e tranquilla, di una contenuta dolcezza; a mano a mano si fa più mossa con il suo cromatismo e gli sformati alternati ai piano.
 Un episodio più lento in do diesis minore, esitante, a frasi brevi e sussultanti, che ci ricorda l’Arioso dolente della Sonata per pianoforte op. 110, interrompe il corso della prima effusione. La quale poi ritorna più animata nel suo movimento polifonico per frammentarsi infine nel fraseggio spezzato del primo violino, sostenuto dai tre strumenti inferiori con una grande delicatezza, e spegnersi gradatamente e ritardando.



 Al Finale Beethoven ha apposto il titolo : Der schrnr gefasste Entschluss (La risoluzione presa con difficoltà), spiegandolo nelle parole: Muss es sein? Es muss sein (Deve essere? Sì, deve essere): annotate sotto i due temi rispettivamente del Grave, che serve di introduzione dell' Allegro, che segue immediatamente. Si è molto discusso, forse troppo, sul significato di tali parole e sul loro rapporto con la musica. Il carattere di quest’ultima e il contrasto stesso fra la gravità della proposizione (che, considerata in sé e per sé, potrebbe, come si è accennato in principio, prendersi per una tragica interrogazione al destino; il D’Indy [PDF] nota la somiglianza del tema grave con quello fondamentale della Sinfonia di Franck) e la leggerezza della risposta può far supporre qualche intenzione scherzosa. Le parole e la musica del motto appartengono al canone Es muss sein! di cui al Biamonti numero 834. Il motto potrebbe anche essere messo in relazione con una lettera del 30 ottobre 1826, in cui Beethoven, inviando il quartetto ai banchieri Tendler e Manstein (per la consegna all’editore Schlesinger) chiede il sollecito pagamento dell’onorario pattuito di 80 ducati. Il maestro volle forse fare la caricatura musicale di qualcuna di quelle piccole, fastidiose miserie che tante volte lo tormentavano distogliendolo dall’alto lavoro della creazione.
Don Giovanni
 Il modo con cui il tempo è introdotto, il fatto stesso delle ripetizioni di questa introduzione nel mezzo di esso, e così pure il carattere delle risposte leggere, come si è detto, in contrapposizione con la domanda grave, ci richiamano un altro Finale, quello della malinconia nel Quartetto op. 18 n. 6; ma vi sono in mezzo ventisei anni di vita e d’arte: il contrasto, sotto l’apparente aspetto dello scherzo, è qui più fine e pensoso ed anche forse più malinconico
. E non aveva del resto Beethoven, anche pochi anni prima, incastrato a forza il tema semiserio del Don Giovanni mozartiano : Notte e giorno faticar nella ventiduesima variazione sul valzer di Diabelli [PDF] come una stizzosa parodia della sua tribolata vita quotidiana? 















[post4] Giuseppe Buzzanga - Beethoven, ultimi quartetti per archi (I parte)



Le seguenti composizioni sono generalmente conosciute come gli Ultimi quartetti per archi di Ludwig van Beethoven, con inclusa la Grande fuga op. 133 (di cui esiste anche una trascrizione per pianoforte a quattro mani op. 134):
  • Op. 127: Quartetto n. 12 in Mi bemolle maggiore (1825)
  • Op. 130: Quartetto n. 13 in Si bemolle maggiore (1825)
  • Op. 131: Quartetto n. 14 in Do diesis minore (1826)
  • Op. 132: Quartetto n. 15 in La minore (1825)
  • Op. 133: Grande fuga in Si bemolle maggiore per quartetto d'archi (1824 e 1825)
  • Op. 135: Quartetto n. 16 in Fa maggiore (1826)
I quartetti n. 12, 13 e 15 furono commissionati dal nobile russo, amante della musica e mecenate Nikolai Galitzine [PDF], che in una lettera datata 9 novembre 1822 ne propone la realizzazione a Beethoven che accetto e fissò il costo in 50 ducati per ogni quartetto 

Stemma dei Galitzine




“...uno, due o tre nuovi quartetti, per la qual fatica, sarei felice di pagarle quanto lei considera giusto”.




Quartetto in mi bemolle maggiore per archi op. 127, primavera 1822-febbraio 1825


                                 [spartito]

                [MP3]

     I.   Maestoso - Allegro  


     III. Scherzando vivace

     IV. Finale - Allegro







Il quartetto inizia con un breve Maestoso, affermazione di un principio espressivo che potremmo chiamare « di autorità ». Segue a risposta l’Allegro (teneramente) basato sopra due temi flessuosi e di carattere analogo, come se il secondo fosse la continuazione o il raffinamento del primo. 

Al principio dello sviluppo, in cui questi temi appaiono sempre sintetizzati e compenetrati l’uno nell’altro, e nella ripresa il Maestoso ritorna in forma più breve ma in tonalità sempre più alte. Il tempo termina con una graduale dispersione dei due elementi. incomincia con una lenta, graduale sovrapposizione delle note di una armonia cadenzale dal violoncello alla viola, al secondo e al primo violino, risolvente in un accordo pieno, profondamente dolce di la bemolle maggiore. Per la terza volta nei quartetti si incontra un tempo svolto nella forma del tema con variazioni; ma fra esso e i due precedenti, l' Andante cantabile dell’op. 18 n. 5 e il Finale dell’ op. 74, c’è una grande differenza. Nella prima variazione il tema appare già trasformato in una animazione più fervida, per la leggera modificazione melodica e la vivificazione di movimento delle parti, pur restando sostanzialmente nel suo carattere contemplativo. La seconda (Andante con moto) si svolge in un tenero intreccio dei violini sul battito di accordi staccati della viola e del violoncello; la terza (Adagio molto espressivo, mi maggiore) ha un carattere di trascendenza mistica; la quarta (Tempo primo) riprende in parte la figurazione della prima, dandole peraltro una differente fisionomia strumentale. La quinta, condotta da un passaggio di 13 battute in do diesis minore sulla base della figura di cadenza del tema, si espande in un movimento lineare di sestine che ricorda in qualche punto dell' Adagio [mp3] della Nona Sinfonia. Una Coda, che dà adito anch’essa a qualche confronto con la parte finale dell’Adagio della Nona, richiama elementi della quarta variazione. Lo Scherzando vivace, introdotto da quattro accordi staccati in pizzicato, ha per nucleo tematico delle sue due prime parti un inciso ritmico alternativamente sfuggente e insinuante, con improvvisi arresti, sussurri, stasi e differenti articolazioni, nel quale si intromettono ad un certo punto le poche battute « grossolane » di un Allegro 2/4. 

Il Trio (Presto, mi bemolle - re bemolle maggiore) ricorda egualmente lo Scherzo dell’Eroica, e anche quelli della Nona Sinfonia e del Quartetto op. 130; né vi mancano pennellate di realismo pittoresco accentuato dagli accordi in sformato in una costante alternativa ritmica dei tre strumenti inferiori che accompagnano il pritno violino richiama forme di carattere haydniano, ricreate e rivissute però nello spirito e nella materia ritmica e armonica delle ultime opere di Beethoven: gioviale, talora rustico e non senza qualche ruvidezza, dopo tanti abbandoni di fantasia. L’Allegro comodo che conclude è come un colpo d’ala per lo scarto episodico della nuova luce tonale di do maggiore e la successiva elevazione e nobilitazione melodica del tema, riportato nel tono originale.



Quartetto in si bemolle maggiore (con fuga finale), per archi, op. 130, agosto-novembre 1825

                              [spartito]                                  
                                               [MP3] 
                
     I.    Adagio ma non troppo

     II.   Presto

     III.  Andante con moto ma non troppo

     IV.  Alla danza tedesca, Allegro assai

     V.  Cavatina, Adagio molto espressivo

     VI. Finale, Allegro





L’omogeneità dello spirito animatore infonde nella varietà dei sei movimenti il senso di una rara unità concettuale e musicale. Il contrasto che nel primo tempo si crea fra la gravità dell ’Adagio non troppo e la leggerezza dell' Allegro rappresenta un quid medium tra l’intensità espressiva dei primi tempi dei Quartetti op. 127 e op. 132 e l’umorismo dell’op. 135. La complessa costituzione dell ’Allegro (figurazione di movimento del primo violino su quella ritmica del secondo; tema collaterale derivato da una trasformazione in senso espressivo del primo) si oppone reiteratamente al principio grave, che torna a riaffacciarsi più volte. Le compenetrazioni tematiche danno luogo a modificazioni ed intrecci diversi di tutti i suddetti elementi, che nell’avvio alla ripresa appaiono combinati insieme e nella conclusione vengono pacificamente composti. Il secondo tempo (Presto): proietta nel cerchio di luce temperata, nel quale prevalentemente il Quartetto si svolge, un’ombra romantica. Il terzo tempo: si sviluppa in una atmosfera cristallina, sterilizzata, potremmo dire, da ogni perturbazione passionale; un fine frastaglio polifonico avvolge il suo periodare a brevissime frasi la cui reiterata terminazione in tronco si potrebbe paragonare ad una mossa replicata ad intervalli con una certa ostinazione quasi per chiudere l’adito ad ogni effusione maggiore. È forse questo il tempo in cui riesce più difficile trovare altro significato che non sia quello di gioco musicale puro e semplice. Non certo arido, però, guardato da un punto di vista superiore.
Vienna, Prater

Il quarto tempo (Alla danza tedesca): è una delle tante ispirazioni attinte da Beethoven alle danze viennesi da lui sentite (quanto glielo permetteva la sordità) e vedute nei ritrovi del Prater; forse ancora più gustate in seno a quelle comitive di suonatori che le eseguivano nei ritrovi campestri, e per i quali egli scrisse anche, pare, qualche piccola pagina. Negli ultimi anni soprattutto Beethoven ricorre a queste fonti popolaresche nella loro forma più genuina, talvolta forzandone qualche elemento tipico, talaltra ostinandosi in certi ritmi, come a sfogarvi una volontà di gioia per forza. Ma nel caso attuale si tratta di una visione gentile e serena. La Cavatina, a quanto ci è stato tramandato, era una delle pagine che Beethoven aveva più care, Il titolo accenna ad una vocalità e quindi ad una volontà di espressione più umana e parlante, in un carattere che si potrebbe definire « sobriamente — o riservatamente — inquieto ». La melodia vi ha varietà, libertà, modernità di aspetti, se la si confronti con i più comuni tipi del periodare cantabile beethoveniano. Alcuni atteggiamenti e le forme di eco o di ritornello delle tre voci inferiori al canto del violino richiamano un procedimento dell' Adagio della Nona Sinfonia. Da notare la sottigliezza elegante della trama polifonica, subordinata al risalto dell’elemento melodico principale, e la delicatezza della conclusione. Il Finale che il quartetto ha attualmente, e del quale si dà notizia in seguito, non è quello originariamente pensato e scritto da Beethoven a conclusione dell’opera, cioè la Grande Fuga. Fu consigliato a Beethoven di sostituire questa fuga con un pezzo più leggero, ma si può ben pensare la poderosa pagina come ideologicamente connessa con l’insieme organico, fantastico e delicato a cui era stata destinata originariamente. Naturalmente senza fare violenza alla tipica forma di musica pura che la governa; per quanto Beethoven, con la frase significativa aggiuntavi: tantot libre tantot recherchée, sia venuto a sanzionare gli estremi di una licenza spregiudicata di artista superiore e di una disciplina austera di artefice: fantasia e regola unite in una sfida insieme ai troppo dotti e ai troppo romantici. Per quanto riguarda la Fuga in oggetto, si può pensare, riferendola al quartetto, ad una energica affermazione di vita dopo tanti episodi di sogno : la vita di un potente volitivo che si vendica dei momenti, pure tanto suggestivi e profondi, di dolce abbandono. Una breve introduzione o Overtura, come la chiama lo stesso Beethoven: espone il tema principale nelle sue varie forme : la prima « simile ad un colonnato massiccio che sostiene il portico », dice il Rolland [PDF] (A) ; poi un’altra in valori più brevi con un ritmo balzante (B); poi un movimento più largo (Meno mosso e moderato) (C) accompagnato da una fantasiosa figura di semicrome, dal quale si svilupperà la seconda fuga; infine (Allegro) una figurazione di crome ripetute e legate. Poi si inizia la prima fuga, basata per altro su un tema differente, impetuoso, martellato, a cui il tema principale, nella forma dell' Allegro suddetto, fa soltanto da controsoggetto, restando sempre sottoposto ad esso durante il lungo svolgimento. Un cambiamento di tempo e di tono (Meno mosso e moderato, re bemolle maggiore) pone termine a questa fuga con l’entrata e lo sviluppo della figura di semicrome, la quale porta nel quadro finora tanto violento una nota di poetica fantasia, mentre sotto di essa prende a svolgersi, in principio senza un particolare rilievo, il tema principale nella forma (C). Ma tutto ciò non è che il principio della seconda fuga (Allegro molto e con brio, in si bemolle), questa volta con il tema principale nella forma (B) come soggetto. Il tema della prima fuga sembra momentaneamente dimenticato, ma infine torna anch’esso a riaffacciarsi e a riunirsi variamente agli altri. Come in un rapido ricordo sono ancora fuggitivamente richiamati nelle loro forme originarie il tema impulsivo della prima fuga e quello tenero (C), poi viene l’energica conclusione. 



Quartetto in do diesis minore per archi, op. 131, dedicato al barone von Stutterheim, dicembre 1825 - prima metà di agosto 1826


        [MP3]                                                                           [spartito]

I -    Adagio ma non troppo 
         e molto espressivo

II -   Allegro molto vivace

III - Allegro moderato

IV - Andante ma non troppo

V - Presto

VI - Adagio quasi un poco andante

VII - Allegro






Joseph
von Stutterheim
Il Quartetto era destinato all’amico Wolfmayer ; ma all’ultimo momento Beethoven cambiò idea, scrivendo all’editore in data 10 marzo 1827 (sedici giorni prima della sua morte) di stampare l’opera con la dedica al feldmaresciallo barone Joseph von Stutterheim [PDF] che aveva accettato nel suo reggimento « Arciduca Lodovico » di Iglau il nipote Karl. Al Wolfmayer fu poi dedicato il Quartetto op. 135.
I sette movimenti di cui l’opera consta (da eseguirsi ininterrottamente, secondo un’altra annotazione dell’autore) appaiono ideologicamente collegati nella coordinazione degli elementi espressivi musicali che li sostanziano. Alla melanconia ascetica del primo fa riscontro l’impeto fervido dell’ultimo, attraverso la calda melodiosità dell’Andante ; alla fantasia romantica un po’ nebulosa del secondo risponde quella più luminosa, viva e colorata del quinto (Presto).  Nell ’Adagio ma non troppo si alternano ed intrecciano espressioni appassionate, voci di anelito e di rassegnazione, in una specie di preghiera che si eleva a volte ad altezze mistiche, per concludere in una serie di cupi accordi, risolventi nel lungo unisono di do diesis da cui prende infine le mosse l’Allegro molto vivace. Il tema ritorna, in aspetto abbastanza riconoscibile, nel Finale; costituisce un episodio di leggerezza che separa adeguatamente i movimenti di maggiore consistenza: l' Adagio iniziale e l' Andante con variazioni che segue. Precede l’Andante, che è il più sviluppato dei sette movimenti, una breve introduzione (Allegro moderato). di carattere interrogativo e conciso come un recitativo di melodramma, e tuttavia d’una fisionomia e d’una struttura tutta strumentale nel fraseggio che si trasmette dall’uno all’altro strumento e resta sospeso in una breve cadenza del primo violino.

Giovanni Battista Pergolesi
Poi il tema viene enunciato dagli strumenti superiori: ed è pure d’una fisionomia e d’una snellezza che si potrebbero chiamare italiane; si pensi per un momento al "Quae moerebat" dello Stabat Mater [PDF] (testo e traduzione [PDF]) di PergolesiAndante ma non troppo e molto cantabile. Segue la serie delle variazioni. Alla fine della Coda si annuncia energicamente in forte, dopo una breve pausa, l’accordo di mi maggiore snodato in conciso arpeggio di quattro note del violoncello. 
















A questo brusco appello per un istante come sospeso nel vuoto — e che già ne fissa l’impulso tematico — si allaccia il Presto, movimento vivacissimo che si afferma subito nella sua fisionomia per metà delicata e per metà ruvida, tipicamente beethoveniana. I temi scorrono attraverso richiami, riprese, soste improvvise, giochi di ritmi e di timbri, abbandoni di frasi piacevoli o paesanamente gioiose, svanendo alla fine come il trasvolare di impalpabili creature fantastiche. Il Finale (Allegro) è introdotto da un Adagio quasi un poco andante, in sol diesis minore, d’una penetrante espressione dolorosa fatta ancor più sensibile nel timbro della viola che ne enuncia il tema, l' Allegro è il formidabile coronamento di tutto il Quartetto. La fervida aspirazione del primo tempo si trasforma qui, non senza analogie di nuclei tematici in un impeto a cui non disdice la denominazione di eroico. 



















5 POST ZHU MENGKE---HAYDN STRING QUARTET OP64﹠OP76

       Haydn (Franz Joseph Haydn) is recognized as the " String Quartet " (String Quartet) pioneers, from the age of 18 began writing string quartets, until old age had not been interrupted , wrote a total of 68 . His works are published in the manner of the album , with six first work as a whole, into a series .



After decades of Haydn string quartets on the creation of this musical form , and gradually established its basic creative skills as well as four movements of the overall architecture. He said his early works are "multi- part Divertimento " or " four voices Divertimento " in these early works , although many still in the immature stage of exploration , but in the process has gradually established Haydn the string quartet form of music . Op.33(web link) 1772 years or so is Haydn String Quartet successful start in the field , and since then has laid a structure in the form of " classical string quartet " (classical string quartet) are :


Haydn String Quartet founding principal classical structure :

First movement : sonata form(web link) , fast and melody ; (1st movement: Sonata Form, Allegro, in the tonic(web link) key ;)

The second movement : a variety of musical form , slowly , is transferred ; (2nd movement: Slow, in the dominant(web link) key ;)

3rd movement: minuet , medium-speed , melody ; (3rd movement: Minuet and Trio, in the tonic key ;)

4th movement: swing sonata form , fast and melody ; (4th movement: Sonata-Rondo form,(web link) in the tonic key.)      

 STRING QUARTET OP64

Joseph Haydn's string quartets(PDF), Op. 64 is a set of six string quartets composed in 1790. Along with six earlier quartets published under the opus numbers 54 and 55, they are known as the Tost quartets, after the Hungarian violinist and later merchant Johann Tost who helped Haydn find a publisher for the works. Unlike the earlier quartets, Haydn actually dedicated the Op. 64 set to Tost in gratitude for his efforts


List of Opus 64 quartets

  • Quartet No. 48 in C major, Op. 64, No. 1, FHE No. 31, Hoboken No. III:65
  • Quartet No. 49 in B minor, Op. 64, No. 2, FHE No. 32, Hoboken No. III:68
  • Quartet No. 50 in B major, Op. 64, No. 3, FHE No. 33, Hoboken No. III:67
  • Quartet No. 51 in G major, Op. 64, No. 4, FHE No. 34, Hoboken No. III:66
  • Quartet No. 52 in E major, Op. 64, No. 6, FHE No. 36, Hoboken No. III:64
  • Quartet No. 53 in D major ("The Lark"), Op. 64, No. 5, FHE No. 35, Hoboken No. III:63

Quartet in D major, Hob.III:63 (No.5)


MP3 I.Allegro moderato





MP3 II. Adagio cantabile





MP3 III. Menuetto allegretto





MP3 IV.Finale vivace





MP3 Quartet in E-flat major, Hob.III:64 (No.6)


String Quartets, Op. 76 (Haydn)

Joseph Haydn's string quartets, Op. 76 were composed in 1796 or 1797 and dedicated to the Hungarian(PDF) Count Joseph Georg Erasmus Adrian Gabriel Michael Anton Franz von Erdödy (1754–1824). The six quartets are the last complete set that Haydn composed. At the time of the commission, Haydn was employed at the court ofPrince Nicolaus Esterházy(PDF) II; around the same time he composed his annual mass for Princess Maria Hermenegild Esterházy and the oratorio(PDF) The Creation(PDF).

                      

Although the quartets were completed by 1797, shown by accounts of visitors hearing them performed in early 1797, because of an exclusivity agreement with Count Erdödy, they were not published until 1799.Correspondence between Haydn and his publishers reveal that there was confusion regarding the release of his quartets; the composer promised the London publishing house of Messrs. Longman Clementi & Co. first publishing rights, but a lack of communication with the firm led Haydn to worry that a Vienna publication might accidentally release the complete set of quartets first, causing him to lose money from London. Indeed, they were published  almost simultaneously by Clementi in London and Artaria in Vienna in 1799.
These quartets are among Haydn's most ambitious chamber works, deviating more than previous quartets from the expected sonata form, and emphasizing thematic continuity, seamlessly and continually passing motives from one instrument to another.

Opus 76, No. 1

This G major quartet is numbered variously as No. 60, No. 40 (in the FHE) and No. 75 (in the Hoboken catalogue(PDF), where its full designation is Hob.III:75). It consists of four movements:
  1. Allegro con spirito
  2. Adagio sostenuto
  3. Menuetto. Presto
  4. Allegro ma non troppo
Although its opening key signature indicates that the work is in G major, the quartet moves in and out of G minor, and the last movement begins in the key of G minor.
The first movement, in G major alla breve, is a sonata form. After a short introduction, the exposition begins in measure 3, ending in the dominant key of D major in measure 88. The development section lasts from measure 89-139, with the recapitulation beginning in G major in measure 140.
The second movement is in the key of C major in 2/4 time, again in sonata form. The movement has a hymn-like character and has been compared with the slow movements of Mozart's Jupiter symphony(PDF) and Haydn's own 99th symphony(PDF).
The third movement in G major is the minuet, but notable for a minuet of this time period, it is marked Presto giving the feeling of a true scherzo. The Trio is more lyrical and features the first violin playing a Ländler(PDF) against pizzicato accompaniment.
The finale is in cut time and sonata form and is in dark G minor which is quite unexpected for a major key quartet. Bright G major returns for the coda of the movement—and the quartet—as the first violin plays a light and jaunty dance tune against pizzicato accompaniment.

Opus 76, No. 2

This quartet in D minor is numbered as No. 61, No. 41 (in the FHE) and Hob.III:76, this quartet is known as Quinten (or Fifths) which refers to the falling perfect fifths that start the quartet. The movements are:
  1. Allegro
  2. Andante o più tosto allegretto
  3. Menuetto. Allegro ma non troppo
  4. Vivace assai

The first movement is in D minor, common time and sonata form. The falling fifths motif dominates the exposition and is featured heavily in the development using inversion, stretto and other devices.
The second movement is a ternary variation form in D major and 6/8 time.
The minuet (in D minor) and trio (in D major) are in 3/4 time. This movement has been called the Witches' Minuet. The minuet is a two-part canon: the two violins play (in parallel octaves) above the viola and cello (also playing in parallel octaves) who follow one measure behind the violins. Haydn previously used a two-part canon with the lower string trailing the upper strings by a single bar in the minuet of his 44th Symphony.(PDF)
The last movement is in D minor in 2/4 time and in sonata allegro form. It ends in D major.
This quartet inspired the initial name of the Nevsky String Quartet(PDF), which was originally called "The Quinten Quartet

Opus 76, No. 3

The Quartet No. 62 in C major, Op. 76, No. 3, boasts the nickname Emperor, because in the second movement, Haydn quotes the melody from "Gott erhalte Franz den Kaiser"(WEB LINK) ("God Save Emperor Francis"), an anthem he wrote for Emperor Francis II(WEB LINK). This same melody is known to modern listeners for its later use in the German national anthem, Deutschlandlied(WEB LINK). The quartet consists of four movements:

The first movement of the quartet is in the home key of C major, in common time, and is written in sonata form. The second movement, in G major cut time, is instrophic(WEB LINK) variation form, with the "Emperor's Hymn" as the theme. The third movement, in C major and A minor, is a standard minuet and trio. The fourth movement, in C minor and C Major, is in sonata form.
Samuel Adler(WEB LINK) has singled out this work's second movement as an outstanding example of how to score for string instruments, observing of the movement's final variation:
This is a wonderful lesson in orchestration, for too often the extremes in the range are wasted too early in a work, and the final buildup is, as a result, anticlimactic. The other formal factor to notice is that the entire structure is an accumulation of the elements which have slowly entered the harmonic and contrapuntal scheme in the course of the variations and have become a natural part of the statement [i.e. theme].

Opus 76, No. 4

The Quartet No. 63 in B flat major, Op. 76, No. 4, is nicknamed Sunrise due to the rising theme over sustained chords that begins the quartet. It consists of four movements:
  • I. Allegro con spirito
  • II. Adagio
  • III. Menuetto. Allegro
  • IV. Finale. Allegro, ma non troppo


Analysis of the first movement

Exposition

The opening of the movement begins in a way that seemingly contradicts the allegro con spirito marking. Violin II, viola, and cello sustain a tonic chord while the first violin plays the melody (the "sunrise" motif) on top. In measure 7, the same instruments sustain a dominant 7th chord while the first violin again plays a rising solo on top. In measure 22, all instruments reach forte, and allegro con spirito character is apparent through the 16th-note movement and livelystaccato eighth-notes trading off between the parts. In measure 37, the opening sunrise theme returns, this time with the solo in the cello and the sustained chords in the violins and viola. The lively 16th-note section returns in measure 50, beginning with 16th-notes in the cello which move to the viola, and finally, the violins. In measure 60, all instruments drop to piano for a six-measure staccato eighth-note section before jumping to an all 16th-note ff in measure 66 to finish off the exposition.

Development

The development in measure 69 begins with the same texture as does the opening of the movement—with the 2nd violin, viola, and cello sustaining a chord while the 1st violin plays a solo on top. The first chord, sustained from bars 69-72, is a d minor chord, the relative minor of the dominant F major. The second chord, sustained from bars 75-79, is an F sharp diminished seventh chord, resolving to G minor in measure 80, which signifies the return of trading moving 16th-notes. The following 5 measures revolve around G minor, only to modulate to E-flat major in measure 86. The major tonality lasts but two measures, as it shifts to F minor in measure 88, F sharp diminished in 89, and G minor in measure 90. In measure 96, the violins play staccato eighth-notes followed by eighth note rests, while the viola and cello fill in the violins' eighth note rests with their own eighth notes. This sets up a pattern for the rest of the development section, in which one instrument, mainly the 1st violin (in measures 98-102), fills in an eighth-rest with a lone eighth-note, thus giving each measure a steady eighth-note pulse. Throughout this section, the dynamic gradually drops from forte to pianissimo by means of a poco a poco decrescendo. When the pianissimo is finally reached in measure 105, the retransition to the recapitulation begins, ending on the dominant seventh chord (F) of the original key, B flat Major.

Recapitulation

In measure 108, the beginning of the recapitulation begins just as the beginning of the exposition does—the 2nd violin, viola, and cello sustaining a tonic chord while the 1st violin plays the sunrise motif above it. In measure 135, the allegro con spirito 16th-note section returns in the 1st violin, punctuated by staccato eighth-notes in the other instruments. The 16th-notes trade off to the 2nd violin, culminating in an all-instrument unison in measure 140. After this, the opening theme returns again, with the solo line beginning with the cello and moving up through the viola to the 2nd violin. In measure 151, all strings crescendo to the returning 16th-note theme in measure 152. In measure 162, the staccato eighth-note trade-off section returns, in the tonic key and pianodynamic. A fortissimo appears in measure 172, beginning the lead into the I7 chord fermata. Beginning in the following measure, the viola, and two violins pass each other the opening sunrise motif for a measure at a time, while the remaining instruments sustain chords. The tonic returns in measure 181, with a brief teaser of the staccato eighth-note theme, to be replaced by the 16th-notes played by all instruments in the fortissimo dynamic. In the final three bars, all four instruments play a succession of tonic B flat major chords

Opus 76, No. 5

The Quartet No. 64 in D major, Op. 76, No. 5, is sometimes nicknamed Largo because the second movement with that tempo distinction dominates the quartet both in length and in character. The work consists of four movements:
  • I. Allegretto
  • II. Largo. Cantabile e mesto
  • III. Menuetto. Allegro
  • IV. Finale. Presto

The first movement (in D Major, 6/8 time) is not in sonata form, but in a combination of ternary(PDF) and variation form. The second movement, written in F-sharp major in cut time, is in sonata form. The third movement, in D major and D minor, is a standard minuet and trio, while the fourth movement's D Major, cut time Presto is in an irregular sonata form.

Opus 76, No. 6

The Quartet No. 65 in E-flat major, Op. 76, No. 6, consists of four movements:
  • I. Allegretto - Allegro
  • II. Fantasia. Adagio
  • III. Menuetto. Presto
  • IV. Finale. Allegro spiritoso

The first movement, written in 2/4 time, is in the strophic(PDF) variation form.
The second movement is a 3/4 time Fantasia written in the key of B major (without accidentals). According to Keller, author of The Great Haydn Quartets, the composer quotes in a different key his own second movement from Op. 76, no. 4 "Sunrise" Quartet. Indeed, the two basic motifs are identical aside from the difference in key signature: the first violin begins on the note of the key in each, goes down a half step, and returns to the original note in both movements, all under a slur in 3/4 time. Additionally, in both pieces, the viola and cello play in slurred succession the notes in the 3rd, 4th, 3rd and 1st, 2nd, 1st scale degrees, respectively. All of this occurs while the 2nd violin holds the 5th scale degree for the duration of the measure.
The third movement is written in an old minuet form in which an Alternativo section replaces the more common trio. The alternativo section is built upon a series of ascending and descending iambic scales.
The finale, in 3/4 time, is in sonata form