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giovedì 13 febbraio 2014

[post3] Giuseppe Buzzanga - Beethoven quartetti op. 59, op. 74, op.95




Beethoven, 3 quartetti in fa maggiore, mi minore, do maggiore, per due violini, viola e violoncello op. 59




I tre quartetti per archi Rasumovsky (o "Razumovsky") op. 59 sono stati composti da Ludwig van Beethoven nel 1805-1806 su commissione del conte Andrej Kirillovič Razumovskij, figlio di Kirill e nipote di Aleksej Grigorevičambasciatore russo a Vienna.


Andrej Rasumowsky


Il Finale del primo Quartetto e il Trio dello Scherzo del secondo sono basati su due temi popolari russi, come è indicato nella partitura; forme melodiche, atteggiamenti ritmici e armonici, all’ascoltatore sensibile, possono dare l’impressione di un mondo di fantasia diverso, 'esotico', rispetto a quello classico occidentale. Si comprende che qualche studioso abbia pensato ad altre derivazioni russe di origine popolaresca, per es. nell’impostazione del tema dell' Allegro iniziale e nel ritmo e in qualche melodia dell’Allegretto del primo quartetto, sulla base di temi e forme che Beethoven potè conoscere anche direttamente dalla bocca di familiari della stessa ambasciata Rasumowsky. Ma, certo è che questa per l’ampiezza, la varietà, la maestria delle forme, d’intensità dell’ispirazione, la bellezza delle sonorità e degli effetti strumentali costituisce una delle maggiori creazioni del periodo centrale dell’attività beethoveniana.





Quartetto n. 1 [spartito]
 FA maggiore

     [MP3]

I.   Allegro






IV. Allegro






La condotta melodico-lineare del tema iniziale e principale (un canto disinvolto che riposa e rallegra) su un battito d’accordi all’armonia assomiglia alla musica a più voci nello stile dell’organum diffusa ancora oggi nel popolo russo. Elementi tematici diversi segnano il graduale passaggio al secondo tema, che ne costituisce l’integrazione nel senso di una maggiore pienezza melodiosa ma ritorna subito dopo al movimento, per arrestarsi poi in una tipica alternativa d’accordi fra i violini da una parte, e la viola e il violoncello dall’altra (qualche cosa di analogo, in diverso clima espressivo, troviamo nel primo tempo [mp3] della Quinta Sinfonia [PDF]) conducendo alla limpida cadenza in do maggiore conclusiva della prima parte. Nello sviluppo ampio e vario e nella Coda tutti questi elementi vengono man mano a più stretto contatto fra loro e con il tema principale sempre presente, fondendosi nell’espressione pacifica e gioconda che costituisce la fisionomia dell’intero tempo. La fantasia poetica e la raffinatezza tecnica fanno dell' Allegretto vivace e sempre scherzando, che viene come secondo tempo, una pagina di rara squisitezza artistica. L’Adagio molto e mesto fa pensare per un qualche punto di vista alla Marcia funebre [mp3] della Sinfonia Eroica, della quale però è meno cupo e più liricamente aperto. Alla sua base è un tema doloroso, sviluppato in una forma che non a torto è stata chiamata di polifonia melodica. Un secondo tema in maggiore non vale che per poco a mitigarne la piangente effusione, troncata solo all’ultimo quasi improvvisamente dalla cadenza del primo violino introduttiva dell’ultimo tempo. Questo si svolge, come già è stato detto, su un tema russo di vigorosa consistenza ritmica, al quale non possiamo peraltro attribuire una particolare fisionomia né triste né gaia, e che l’artista foggia di volta in volta in un senso o nell’altro, integrandolo con altri due temi (originali) : l’uno nel secondo violino sul vibrante bilanciamento delle ottave del primo, seguito in contrattempo dagli strumenti inferiori (poi trasportato in minore violoncello e nel primo violino) ; l’altro, ancora più ritmicamente marcato e quadrato, scandito nei due strumenti inferiori sotto la figurazione, per così dire, squillante di quelli superiori, e viceversa. Nel complesso una pagina piena d’interesse strumentale: meno ricca tuttavia interiormente delle tre precedenti. 






Quartetto n. 2 [spartito]
MI minore

         [MP3]

I.    Allegro

II.   Molto Adagio

III.  Allegretto








L’Allegro ha un carattere agitato e melanconico. Il primo tema è annunciato dall’imperativo di due accordi a cui dà carattere il salto di quinta, il suo svolgimento e gli elementi collaterali sono molto brevi; anche il secondo tema ha un’ effusione melodica di corta durata, continuandosi in figure di movimento. Fra queste un crescendo in forma sincopata sopra una nutrita progressione d’accordi preannuncia quello del Trio dello Scherzo (III movimento [mp3]) della Settima Sinfonia. Nello sviluppo, basato sugli stessi elementi (escluso il secondo tema), il senso dell’inquietudine aumenta fino a risolversi nella ripresa, condotta con foga drammatica da un passo in unisono. 
Baden
La Coda è come un secondo sviluppo abbreviato e più teso. Si dice che Beethoven abbia avuto l’idea dell 'Adagio una notte in cui passeggiando per la campagna nei dintorni di Baden contemplava il cielo stellato e « pensava all’armonia delle sfere»; ha carattere di notturno, sulla base di un tema a corale enunciato compiutamente in principio e ripetuto in aspetti vari nel corso del tempo, intrecciato con altri elementi melodici che prendono talora il sopravvento spostando l’espressione in un campo di dolcezza più tenera. A contrasto l' Allegretto, con il suo tema sussultante in minore, torna nelle prime due parti ad avvicinarsi allo spirito del primo tempo. 


Modest
Mussorgsky
Rimsky
Korsakov
Nel Trio in maggiore entra sveltamente il tema russo dichiarato: lo stesso che il Mussorgsky [PDF] dovrà introdurre sessant’anni dopo nel Boris Godunof [PDF] come elemento di tripudio popolare (coro del popolo al passaggio dello zar nella scena dell’incoronazione) e di cui ha fatto uso dopo di lui anche Rimsky Korsakof nella Fidanzata dello Zar [PDF]







Svolto in forma fugata, animato da una snella figurazione concomitante che ne aumenta la festosità, esso è ripreso dall’uno all’altro strumento con alternative di crescendo, sformato, piano fino a declinare melanconicamente nel passaggio di ritorno alle due prime parti. Il Finale gioca con spirito sulle risorse dei ritornelli, dei couplets, delle riprese, in una figurazione ritmico-strumentale. Non c’è però niente di tragico né di appassionato: pensiamo piuttosto alla trasposizione immateriale nel complesso d’archi di una marcia di pifferi e tamburi, con riferimento anche qui ad elementi di carattere pittoresco popolare.



Quartetto n.3 [manoscritto]
DO maggiore


            [MP3]

     Allegro vivace                             










Caratteristica di questo Quartetto (escludendone però, per la sua diversa fisionomia, il secondo tempo) è, nell’assenza di ogni lirismo, una affermazione di forza o di volontà; ciò che gli ha valso forse l’appellativo di Quartetto degli eroi. L’introduzione (Andante con moto), con il suo movimento di accordi lenti e dissonanti, ha un carattere oscuro che si protrae nella esitazione della prima frase del tema iniziale dell' Allegro vivace affidata al violino solo, per risolversi poi limpidamente nella seconda in forte scandita da tutti e quattro gli strumenti, ed assumere nel passaggio al secondo tema e nel suo svolgimento una fisionomia più cordialmente aperta. Ma l’individualità del tempo, più che dal materiale tematico nel suo complesso melodico-lineare, è data dalla figura di due note con cui il primo tema si apre; base in realtà sia di questo che del secondo e d’ogni altro elemento collaterale: proposizione interrogativa, o dubitativa, che determina e regge il movimento, colorandone anche vari momenti espressivi, costituendo l’elemento essenziale della parte di sviluppo e avviando la conclusione. L' Andante con moto ha una fisionomia diversa dagli altri tempi. I vari elementi musicali costitutivi sono legati fra loro da una certa affinità dell’aspetto melodico e delle forme ritmiche. Anche quello che si potrebbe chiamare secondo tema, in do maggiore, non si libera interamente dal senso di tristezza nostalgica che grava su tutto il tempo, attraverso cui solo in qualche momento si fa strada un pallido raggio di sole.  Una Coda riprende il tema della prima parte come elemento di passaggio al Finale (Allegro) che attacca dopo una cadenza sospesa, in forma di fuga: liberamente trattata, questa, e d’uno slancio risolutivo che risponde allo spirito generale del Quartetto. Sopra un abbozzo Beethoven ha scritto : « Come tu ti getti oggi nel turbine della società, così è possibile scrivere delle opere nonostante tutte le contrarietà sociali. La tua sordità non sia più un mistero, neanche per l'arte ». 


Quartetto "delle Arpe" in mi bemolle maggiore per due violini, viola e violoncello, op. 74, dedicato al principe Lobkowitz, estate-autunno 1809

L'appellativo "delle Arpe" si riferisce al caratteristico uso del pizzicato durante la sezione dell'Allegro del primo movimento, dove gli esecutori del quartetto si alternano in arpeggi che ricordano il classico suono di un'arpa.






                 

             [spartito]











Il quartetto è composto da quattro movimenti:

              [MP3]

IV.  Allegretto con variazioni



Dall’introduzione del primo tempo (Poco Adagio), di carattere gravemente interrogativo, una lenta ascesa cromatica porta all' Allegro, d’uno spunto tematico affine per l’impostazione ritmica, ma di carattere energico, come una decisa « entrata in azione » che tronchi senz’altro indugio una esitazione troppo protratta; non ha niente di drammatico né di passionale, ma prosegue serena e vivace, sciogliendosi con una successione di arpeggi in piccato in una linea di pacifiche cadenze, da cui poi si svolge il passaggio conducente al breve secondo tema: più disinvolto che significativo, con una sussultante conclusione che ne è la parte più originale. Ad un tale uso di passaggi in piccato, per quanto introdotti anche in altre sue opere, Beethoven non è ricorso mai con tanta ampiezza come in questo Allegro, ciò che ha valso all’intera composizione il nomignolo di Quartetto delle arpe. Un altro caratteristico impiego se ne ha anche nella parte che segue alla ripresa, in cui appunto gli arpeggi in piccato nei tre strumenti inferiori sotto il movimento del primo violino svolgono tutta una serie di passaggi, portando ad una specie di perorazione (sulla base ancora delle battute finali del primo tema) seguita dalla piena cadenza terminale nel tono, con intervento ancora di passi in piccato. Il secondo tempo ha una sua particolare fisionomia malinconica: non cupo, come in altre pagine in cui Beethoven ha fatto espressa allusione ad un tal sentimento, ma teneramente effuso e di una chiara impostazione melodica, trattato sempre con finezza di elaborazione. I temi si snodano l’uno dall’altro come per una naturale effusione dello stesso sentimento. Il primo e principale ritorna due volte dopo l’esposizione in forma più variata e adorna, e conclude poi la pagina in tenui frammenti; un altro collaterale, in minore, si colora di qualche tinta più fosca; il terzo, episodico, d’una certa figurazione cromatica tristaneggiante, è introdotto una sola volta a conclusione della prima ripetizione variata (enunciata dal primo violino e ripresa dal violoncello). Nell’entrata in forte del tema iniziale e principale del Presto riecheggia affrettatamente il ritmo del primo tempo della Quinta Sinfonia; ma la figurazione in piano che segue e compie la frase ne disperde l’impeto in un campo d’immaginazione più fantasmagorica. In seno a questa formazione basilare sorge nella seconda parte un motivo implorante, che non si espande per altro compiutamente e finisce per riassorbirsi in essa; gli accenti della cadenza cupi e reiterati richiamano egualmente la sinfonia (terzo tempo). Così pure la clamorosa diversione del Trio in maggiore (Più presto, quasi prestissimo), che ha però qui un carattere più violento, oseremmo dire quasi brutale, di opposizione. Presto e Trio si ripetono; poi ancora il Presto, che termina in piano con una figurazione che ne sembra lo spettro — e ciò induce ancora a pensare alla sinfonia — prolungato in un mormorio che il trapasso delle armonie rende più misterioso. Da qui, senza soluzione di continuità, entriamo con l’ultima modulazione in mi bemolle nel Finale (Allegretto), una specie di liberazione nella leggerezza, dove l’impegno dell’artefice prevale forse sulla fantasia del poeta. Il semplice tema viene svolto in sei fedeli variazioni (d’interesse tecnico e strumentale pur nella loro brevità); l’insieme è come un cordiale, bonario commiato dopo l’effusione romantica dei due tempi precedenti: e più rispondente se mai alla serenità dell' Allegro iniziale. 


Quartetto in fa minore per due violini, viola e violoncello op. 95, dedicato a Nicolaus Zmeskall v Domanovetz, ottobre 1810

Il Quartetto per archi n. 11 in Fa minore, op. 95, noto come Quartetto Serioso, è stato composto da Ludwig van Beethoven nel 1810 e dedicato a Nicolaus Zmeskall [PDF]Quartetto Serioso oltre ad essere l'intestazione del quartetto, è anche l'indicazione del tempo per il terzo movimento (Allegro assai vivace ma serioso). È uno dei quartetti più brevi e compatti scritti da Beethoven, ed è nella stessa tonalità (Fa) comune sia al primo che all'ultimo dei suoi quartetti pubblicati, rispettivamente l'op. 18 n. 1 e l'op. 135.

È stato eseguito pubblicamente per la prima volta nel 1814 e pubblicato due anni dopo.





   
         [spartito]














Come consuetudine per i quartetti per archi, il pezzo è in quattro movimenti:

             [MP3]

I. Allegro con brio
II. Allegro ma non troppo
III. Allegro assai vivace ma serioso
IV. Larghetto espressivo - Allegretto agitato



Delle varie parti dell' Allegro con brio: esposizione, sviluppo, ripresa, nessuna porta i segni di ritornello. Al tema principale agitato, si intercalano gli elementi d’una melodicità distesa, remissiva, e non senza qualche inflessione d’angoscia. Il secondo tema in re bemolle maggiore fa l’effetto di un pallido sorriso di affettuosità ed è tuttavia attraversato, come una improvvisa contrazione di fisionomia, da una figura inquieta in terzine affidata inizialmente alla viola. Il contrasto si fa più stretto nel breve sviluppo. Dopo la ripresa, la coda svolge una figura agitata sulla base di un frammento della prima parte del tema iniziale; nella conclusione l’affermazione violenta si affievolisce gradatamente per spegnersi, vinta, nell’ultima inflessione cadenzale. Lo spirito consolatore non ha trionfato, ma il sentimento originario si è, in qualche modo, mitigato o raddolcito. A meno che non si voglia semplicemente vedervi un correttivo delle non infrequenti allusioni scherzose, e, se vogliamo, talora poco riguardose, del maestro alla persona dello Zmeskall, quasi a significare che questa volta aveva pensato a lui sul serio. L' Allegretto non troppo nasce in una sfera di serenità, per quanto una certa fantasia irrequieta vi passi attraverso con un soffio di tristezza. Nel secondo tema, enunciato dalla viola e svolto in forma fugata, si insinua come un sottile turbamento e lo spirito passa alternativamente da momenti di anelito ad altri di sconforta e di dubbio. Il ritorno della parte iniziale infonde questa volta più stabilmente un senso di quiete, rea. un accordo in sospeso impedisce alle ultime note in pianissimo di adagiarsi nel compiuto riposo; così, dopo un punto coronato, attacca senza interruzione il terzo tempo (Allegro assai vivace ma serioso). L’esordio aspro e la figura martellata insistente del tema riportano alle stato d’animo del primo tempo. Il Trio ha un’originale fisionomia misteriosa: costituito da una specie di corale figurato. Il Finale (Allegretto agitato), preceduto da una patetica introduzione (Larghetto), è costituito anch’esso da figurazioni inquiete : meno tormentate però, e che per qualche loro particolare aspetto fanno pensare a temi del secondo tempo del Quartetto op. 59 n. 2 e danno una fisionomia romantica anche agli episodi più propriamente di elaborazione o di sviluppo. Alla fine una semplice quanto espressiva transizione armonica pianissimo introduce l’Allegro in fa maggiore di una aerata leggerezza, nel quale sfuma, come in una risoluzione finale improvvisa, ogni sentimento di tristezza o d’inquietudine.






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