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domenica 9 febbraio 2014

POST2 ADALBERTO BAGLIVO
 Così fan tutte. Storia e trama dell’opera di Mozart






Così fan tutte è un’opera lirica in due atti, senza ombra di dubbio tra le più amate e celebrate del celebre compositore Wolfgang Amadeus Mozart. Cronologicamente, si colloca tra le cosiddette opere italiane, la terza scritta dall’artista di Salisburgo, su libretto di Lorenzo da Ponte (FILE PDF). Al Burgtheater di Vienna, il 26 gennaio 1790, viene per la prima volta rappresentata l’opera, quasi al termine di quello che verrà poi definito come il noto decennio d’oro del grande compositore austriaco, poco prima della sua dipartita.



Al centro della vicenda, domina il tema amoroso, naturalmente. Da una parte v’è la caducità e la superficialità dell’amore femminile, messo alla prova da un classico scambio delle parti, tale da evidenziare quanto si dice in uno dei versi dell’opera, tra i più noti: “È la fede delle femmine come l’Araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa!”. Dall’altra parte invece, c’è l’amore visto al maschile, più maturo secondo l’autore, in grado di esibire il perdono, ma appunto come mera esibizione, nel rispetto e in ossequio – quando non obbligo – di quelle convenzioni sociali ancora piuttosto tetre e inalterabili, sempre secondo l’idea del compositore.
Il contesto storico-artistico
Prenderò quel brunettino
                                       

 

L’opera arriva proprio sul finire di quel decennio considerato magico per Mozart, nel quale vedono la luce alcuni dei migliori lavori dell’intera storia della musica lirica. Il compositore ha perso per sempre Aloysia, la sua amata, e ha ripiegato sulla sorella, Costanza. L’esito di questo momento, è tratteggiato nell’opera “Il ratto del serraglio”, sorta di tentativo liminare di dare vita ad un vero e proprio dramma lirico tedesco. Molto deve, in questo periodo, all’italiano Lorenzo da Ponte, poeta ufficiale del Teatro di Vienna, librettista importante, il quale lo incoraggia ad aprirsi sempre di più al teatro, dopo i ripiegamenti nei quartetti dei primi anni ’80. Risultato di questo binomio lavorativo è la rappresentazione delle “Nozze di Figaro”, andata in scena prima a Vienna e poi a Praga, la quale costituì un vero trionfo per Mozart. Nonostante i tentavi dei suoi vari detrattori e rivali, tra i quali il noto Salieri (FILE PDF), il direttore del teatro di Praga, Bondini, gli affida l’incarico di scrivere un’opera per la stagione seguente: il “Don Giovanni”. È, ancora una volta, un “Don Giovanni italiano”, marcato dalla mano del Da Ponte, il quale anima l’opera d’un senso autobiografico: ne viene fuori una vera e propria commedia, varia e guizzante, che Mozart rende equilibrata ed esalta all’ennesima potenza, evidenziando la vivacità dei personaggi e delle situazioni.

È una commedia (FILE PDF), come detto, stando almeno al registro e ai temi, ma sembra anche l’annuncio ufficiale del mondo romantico che sta arrivando. Ed è anche e soprattutto un’opera lunga, nel suo lavorio, che Mozart comincia ufficialmente nel 1787, per terminare praticamente soltanto alla vigilia della prova generale, il 28 ottobre: fu un successo straordinario. Il compositore perde suo padre, ma a Vienna gli viene tributato il dovuto con la nomina a “Kammermusikus dell’imperatore” e la rappresentazione del Don Giovanni nella capitale austriaca, il 7 maggio del 1788. Il pubblico di casa però, come spesso accade, è tiepido, e Wolfgang riparte per la Germania, al seguito del principe Lichnowsky. Passano un paio d’anni e, senza cedere alle lusinghe del re Federico Guglielmo II, Mozart torna in patria e accetta, da Giuseppe II, di scrivere la sua nuova opera, dal titolo “Così fan tutte, ossia La Scuola degli amanti”, anch’essa su libretto del Da Ponte. Ma come accade a molti geni, il pubblico e le contingenze si rivelano ostili e anche questa rappresentazione, la prima andata in scena, come suddetto, nel gennaio del 1790, non viene accolta nel migliore dei modi. Inoltre, nel medesimo periodo, arriva anche la morte di Giuseppe II, che di certo non è di buon auspicio per la carriera dell’artista viennese. Ci vorrà Leopoldo II e, soprattutto, l’opera “Il flauto magico”, successivamente, a restituire la giusta notorietà a Mozart, riportandolo ai suoi successi e dando modo e tempo a pubblico e critica austriaca di ricredersi, e tanto, anche sui suoi vecchi lavori, su tutti la stessa opera “Così fan tutte”.



                                           overture cosi fan tutte
L’intreccio e i personaggi


Il core vi dono
Semplice e geometrica, la vicenda. Il gioco d’amore si basa su una girandola a quattro, la quale comprende e disattende gli ardori di due coppie di fidanzati. Fulcro dell’intreccio poi, è un filosofo, di natura cinica e calcolatrice, per quanto libera da condizionamenti legati alle convenzioni sociali. Questi ottiene che le due ragazze protagoniste, che sono anche sorelle, si innamorino ciascuna del fidanzato dell’altra. Ma alla base, come nella più classica delle commedie plautine o terenziane, c’è il travestimento: i due fidanzati vengono a conoscenza degli intenti del filosofo e accettano la sua sfida. Così facendo, si cangiano d’aspetto, travestendosi appunto e impersonando la parte di due ufficiali stranieri. Il gioco è facile, a quel punto: le loro rispettive donne credono d’amare l’altro e dimenticano subito i loro rispettivi e ordinari fidanzati per poi però, finire per accettare il ritorno di ogni cosa al punto di partenza, ciascuna con i propri amati iniziali. Il trionfo è quello dell’equità, dell’amore e della sua virtù che, a scapito della superficialità – qui rappresentata dalla frivolezza delle due donne – finisce comunque per affermarsi, superando anche la stessa intelligenza del filosofo. Stando al libretto classico, questi di seguito sono i personaggi principali dell’opera “Così fan tutte”: Fiordiligi e Dorabella, rispettivamente soprano e mezzo-soprano; Ferrando e Guglielmo, tenore e baritono; Despina, soprano; Don Alfonso, basso.
                                             Duetto Fiordiligi Dorabella
L’antefatto
I due militari Ferrando e Guglielmo sono in un caffè di Napoli, al cospetto di Don Alfonso. Entrambi raccontano della bellezza delle due sorelle e vantano la loro fedeltà, nonostante il filosofo che è con loro, affermi invece che in materia femminile, la parola fedeltà non si sa dove sia. L’onore delle due donne, Dorabella e Fiordiligi, viene messo in discussione e prontamente, i due fidanzati sfidano a duello Don Alfonso. Questi però, ha un’altra soluzione: cento zecchini per provare loro che le fidanzate non sono diverse dalle altre. I due uomini dovranno attenersi alle regole che imporrà il filosofo, se davvero vogliono contraddire la sua teoria.
Al fronte
Don Alfonso si accorda con la serva di casa delle due sorelle, Despina: entrambi fanno in modo che le due donne credano che i loro rispettivi fidanzati sono stati richiamati al fronte. Passa poco tempo e due ufficiali albanesi si presentano ai piedi di Fiordiligi e Dorabella: sono Tizio e Sempronio, ma altri non sono che i due fidanzati reali, travestiti. Questi vengono inizialmente respinti, le due sorelle si dichiarano fedeli e causano così, il loro suicidio per amore. In realtà, è una trovata anche questa, la quale permette ai due agonizzanti di presentarsi davanti alle esterrefatte sorelle, le quali iniziano a provare per loro compassione. Il medico che li riporta in vita, è Despina, anch’ella travestita – Don Alfonso è in combutta con lei e le ha promesso dei soldi se l’avesse aiutato nell’impresa – e l’evento porta i due ufficiali a rinnovare ancora di più il loro amore.
La notte sul mare
Despina convince le due sorelle: “sarà un gioco” dice loro, e la gente crederà che i due spasimanti sono lì per lei. Viene organizzata una serenata alle dame, sul mare, nel giardino. Fiordiligi e Ferrando allora, si allontanano, suscitando così la gelosia di Guglielmo, che offre un regalo a Dorabella e riesce a conquistarla. Quest’ultima cede per prima e convince, poi, Fiordiligi stessa, una volta in casa, a fare altrettanto. Tocca a lei, allora, travestirsi: con gli abiti di un ufficiale, raggiunge il promesso sposo sul campo di battaglia ma viene fermata da Ferrando stesso, ancora una volta, il quale finisce per conquistarla davanti agli occhi di Guglielmo, il suo promesso.
Così fan tutte
Guglielmo è furente ma anche Ferrando odia la sua ex donna, entrambi sono stati delusi. Don Alfonso ha da impartire il proprio insegnamento, forte di aver ottenuto quello che voleva e anzi, li esorta a finire la commedia con doppie nozze: tanto, come sostiene dando loro delle “cornacchie spennacchiate”, una donna vale l’altra. La colpa non è delle due sorelle in questione, sostiene poi il filosofo, ma è della stessa natura… “se così fan tutte”. Alla fine, i due veri cavalieri irrompono durante le finte nozze organizzate da Despina e mandano in fuga i due amanti albanesi, i quali altri non sono che loro stessi, nel frattempo nascosti (per sempre) dalle due donne. L’atto termina con il matrimonio delle due coppie legittime.
                                           Cosi fan tutte Finale Atto II

 Bernhard Paumgartner (Analisi di personaggi e situazioni; recitativo; orchestrazione; libretto; rapporto con «Le Nozze di Figaro» e «Don Giovanni»)
Il primo atto si svolge in modo piú sciolto, piú buffo degli altri. Un allegro movimento di gruppi, uno spontaneo abbandonarsi alla gioia della musica vengono in primo piano. Già fin dall'esposizione, dal succedersi dei tre terzetti virili (nn. 1, 2, 3), si può capire come in quest'atto si sia voluto contrapporre l'impulsività dei due giovani innamorati alla riflessiva aridità di Alfonso, e non tanto presentare caratteri nettamente disegnati. Conseguentemente, anche il civettuolo duetto con cui esordiscono le due ragazze (n. 4) non è che un delizioso bozzetto di due donnine frivole e innamorate. Soltanto col procedere dell'azione le varie personalità a poco a poco si differenziano e si fanno riconoscibili: Dorabella, allegra e senza scrupoli, Guglielmo, il sorridente «routinier», Fiordiligi, sensibile ed estrosa, Ferrando, il suo «partner», sentimentale e sanguigno. Ma una tagliente ironia lascia sussistere quest'ordine naturale delle coppie soltanto per il breve corso della commedia di scambi, riversando implicitamente la corresponsabilità delle pericolose confusioni sul fallace arbitrio della vita reale, sulla società, insomma.


Così fan tutte - "È amore un ladroncello"
Simbolico attuatore di questo criterio antisociale è Alfonso, l'anticonformista. Egli ammonisce, nega, preferendo poi confondersi nel trambusto e venire in primo piano raramente. I suoi pezzi solistici (nn. 5 e 30), i suoi «accompagnati» sono brevi e aforistici come tutte le manifestazioni del suo carattere. Ordisce la burla, nella prima aria, e nella seconda ne constata soddisfatto la perfetta riuscita, badando sempre di conservare un lieve tono parodistico, specialmente nelle situazioni piú sentimentali, come i deliziosi concertati della scena del commiato (atto I, nn. 6 e 10), quando il dolore delle due fanciulle e l'angoscia dei due giovani si esprimono con commozione sincera; e brillando nell'escogitare sempre nuovi intrighi utili ai propri fini, ma con saggia moderazione, senza mai passare la misura. Una provvidenziale venatura di genuino umorismo lo preserva dal cadere nelle esagerazioni tipiche dei burloni «di professione».
L'umorismo è anche la piú preziosa qualità di Despina. Le sue due arie (nn. 12 e 19) sono incantevoli chiacchierate; e nei concertati ella sa reggere i fili della vicenda amorosa con invidiabile obiettività. Di questo personaggio, un tipo molto popolare nella commedia dell'arte dalla Serva padrona (FILE PDF) di Pergolesi in poi, Mozart aveva già creato una variante con la Serpetta della «Finta giardiniera». E non è senza un fondato motivo che sia lei sia Alfonso, gli esponenti dell'antico sentimentalismo della opera buffa (FILE PDF), manchino di calore affettivo, perché ciò rende maggiormente efficace il destarsi di sentimenti profondi negli altri quattro personaggi. I quali, benché dapprincipio appaiano ancora piú amorfi del loro burattinaio, diverranno a poco a poco, nel respiro vivificatore della musica, gli annunziatori del nuovo rivolgimento verificatosi nel patrimonio degli antichi valori teatrali.


                                Despina- Una donna a quindicianni
Questo mutamento avviene per gradi, in un ben dosato crescendo, prima di toccare il punto culminante nell'ultimo duetto del secondo atto (n. 29). I primi, esagerati accenti di disperazione delle ragazze dopo il lacrimoso congedo dagli amanti (atto I, arie nn. 11 e 14) conservano ancora gli atteggiamenti ultrapatetici dell'opera seria italiana. Ma già fin d'ora si può notare una certa differenziazione dei due caratteri: fra il tono esaltato, teatrale, di Dorabella e la comica serietà di Fiordiligi, la cui natura di eroina (un po' simile a quella di Elvira) pare sentire la solennità piuttosto come affettazione che non come fatto interiore.



duetto Dorabella Fiordiligio
Anche il carattere dei due uomini si delinea già piú chiaramente quando l'irresistibile conquistatore Guglielmo, nel nuovo travestimento, prende a corteggiare la bella abbandonata e a implorarne sorridendo i favori (aria n. 15), oppure quando la canzone amorosa del sentimentale spasimante Ferrando (aria n. 17), anche a motivo di alcune lievi banalità del testo e della situazione, assume un tono vagamente ironico.

Nel variopinto intreccio di sentimenti della commovente scena del congedo (atto I, quintetto e terzettino, nn. 6, 9, 10) già aflfiorano emozioni piú intense, ma soltanto in maniera allusiva. La caustica secchezza di Alfonso impedisce, per fortuna, un prematuro capovolgimento degli stati d'animo. Poiché l'azione vera e propria, la burla che ha dato spunto alla commedia, incomincia soltanto all'apparire degli innamorati travestiti, con l'elegante sestetto (n. 13).
Dovrà ora scatenarsi la folle mascherata galante e sconvolgere a tal segno la mente dei fatui e spensierati personaggi, uomini e donne, da porli infine, con un senso di sgomento, innanzi alla gravità dei fatti provocati dalla sfrenatezza dei loro stessi istinti. Ma con quale finezza di intuito teatrale sono collocate negli incalzanti sviluppi del primo atto, le due perle dell'opera, i due pezzi d'assieme staticamente lirici, il quintetto del commiato (n. 9: «Di scrivermi ogni giorno»), sommessamente lieto, con le battute mormorate «a parte», fra i denti, da Alfonso («Io crepo se non rido»), e lo stupendo terzettino (n. 10: «Soave sia il vento») che quasi immediatamente segue!

                                Terzetto - Soave sia il vento
Il primo atto si chiude dunque senza scostarsi dall'ambito dell'opera buffa, né nella petulante risata del terzetto virile (n. 16), né nello scorrevole finale (n. 18). La caleidoscopica varietà dei raggruppamenti e la drasticità degli scherzi devono supplire alla mancanza di personaggi e di intrighi nuovi che intervengano ad accrescere l'interesse. La compassione delle ragazze per i presunti suicidi per amore si è già impercettibilmente mutata in simpatia ma, nel momento critico dell'incertezza, la balorda indiscrezione dei due tangheri le induce a riflessione. A questo punto, per confondere la situazione e creare i presupposti necessari al proseguimento della vicenda, non rimaneva che ricorrere all'esplosione di collera delle due dame deluse, inserendola nel turbinoso vortice della consueta «stretta» finale.
Anche il secondo atto si mantiene per un certo tempo sullo stesso terreno. La curiosità di sensazioni nuove ha reso le due sorelle piú condiscendenti, ma soltanto nell'aderire a un giochetto galante non tale da farle venir meno ai loro doveri di oneste fidanzate. Cosí il loro gaio duetto (n. 20) può conservare il tono rilassato del pezzo ad esso corrispondente nel primo atto (n. 4). Ma l'intermezzo della bella serenata per fiati e coro (n. 21) dà felicemente l'avvio alla nuova piega della vicenda. Con questo omaggio, i due pretendenti travestiti sono riapparsi in scena. Il brevissimo quartetto seguente (n. 22) è ancora nello spirito dell'opera buffa piú genuina, spirito abilmente alimentato da Alfonso e Despina che mostrano di essere i paraninfi ideali per quei loro clienti tutti chiusi in un ben simulato (o forse un poco anche vero) imbarazzo. Esitando, balbettando, i cavalieri cadono nella trappola delle frasi galanti, mentre le dame attendono in silenzioso riserbo. Ma quando alfine le coppie, lasciate sole dai loro intermediari, si ritrovano, le mani nelle mani, confuse e smarrite, la comica situazione assume all'improvviso un significato ben piú profondo. Perché proprio qui, dove la costruzione del libretto fallisce in pieno, incomincia a risplendere in tutta la sua bellezza il prodigio vivificatore della musica.
Da Ponte voleva logicamente far seguire un secondo e piú fortunato tentativo di seduzione a quello irruente e infelice con cui si era concluso il primo atto; ma questa intenzione fu meglio pensata che realizzata. Il secondo atto non è piú un vario succedersi di concertati, bensí una stanchevole sequenza di pezzi solistici. Ma proprio a questo punto, drammaticamente il piú fiacco dell'opera, Mozart inattesamente interviene a rianimare gli anemici personaggi del librettista, riversando in loro tutto il calore dell'anima sua. E quanto piú questi, trascinati dalla potenza di un sentire sincero, paiono dimenticare l'originaria natura, tanto piú evidente appare l'abisso che separa l'opera buffa di Mozart dai suoi modelli stereotipati. Apprezzamenti critici posteriori credettero di scorgere in questa irruzione di elementi sentimentali piú profondi, di opera giocosa, nell'opera buffa una minaccia a una forma melodrammatica convalidata dal tempo; senza riflettere che soltanto cosí l'organizzazione interiore mozartiana dell'opera, e con essa l'unicità del suo significato, prodigiosamente connesso con l'evoluzione artistica dell'autore, poteva conservarsi intatta.
Il cardine dell'interessantissimo rivolgimento psicologico è costituito dai due duetti delle coppie scambiate (nn. 23 e 29); e fra questi passano cinque pezzi solistici che, per così dire, riflettono il medesimo sentimento nell'animo dei quattro diversi tipi di innamorati. Nel primo dei duetti (n. 23) la piú arrendevole Dorabella cede alla mondana scaltrezza di Guglielmo.



 La cosa riesce piú difficile a Ferrando. Il suo ardente sfogo (aria n. 24) lo trascina al punto da fargli dimenticare se stesso e ogni finzione; e quel trasporto di passione sincera riesce a toccare il cuore di Fiordiligi piú profondamente di qualsiasi artificio teatrale. Ce ne renderemo subito conto dall'agitazione con cui la fanciulla rimasta sola piangerà per l'amato lontano (n. 25). I passaggi dell'allegro seguente tendono però a ricondurci verso una realtà piú distensiva. A questo punto lo sfrontato atteggiamento di superiorità di Guglielmo risulta molto ameno: orgoglioso di avere una fidanzata fedele, egli malignamente si compiace di far trasecolare l'amico annunziandogli l'infedeltà di Dorabella. Ben diverso appare lo schietto dolore di Ferrando nel forte recitativo «accompagnato» che precede la Cavatina (n. 27), fervida premessa allo stupendo duetto (n. 29), formalmente assai libero, durante il quale anche Fiordiligi finisce col cedere alle implorazioni del suo adoratore, abbandonandosi, immemore di tutto, all'estasi di una felicità nuova.




Il breve riassunto del vecchio cinico Alfonso (n. 30) che si conclude con la maliziosa morale: «Cosí son tutte», già accennata nell'ouverture, ci riporta nel mondo freddo e razionale dell'opera buffa. Il contrasto è felice. Ciò nondimeno l'intimo palpito di un amore oblioso torna ad effondersi dal sublime canone del secondo finale (larghetto, n. 31 ) che in un certo senso ci richiama al finale del Figaro («Contessa, perdono»). Soltanto l'atteggiamento antitetico di Guglielmo, il navigato uomo di mondo, impedisce che in questo momento la scena volga decisamente al tono serio. Con l'entrata di Despina travestita da notaio, la farsa riaccampa definitivamente i suoi diritti ed esige un rapido scioglimento dell'imbroglio. Ma lo stesso «allegro molto», scaturito dalla contenuta espressività del « sotto voce», come nel «Figaro», anziché congedare l'uditore con la molesta chiassosità dell'opera buffa lascerà in lui una pensosità conciliante e serena.
L'importanza preminente dei pezzi d'assieme su quelli solistici si nota pure nei recitativi. Perfino il «secco» è talvolta trattato a piú voci, nel tono scorrevole, arguto, accentuato, dell'opera buffa. Gli andamenti espressivi dei bassi ne accrescono ancora, qua e là, la vivezza. L'inserzione di numerosi «accompagnati» e una loro piú stretta coesione con i pezzi chiusi additano digià alle scene parlate del «Flauto magico» e, oltre ancora, al non piú lontano ideale dell'opera musicata per intero.

L'introduzione lenta dell'ouverture propone il titolo musicale in modo quasi misterioso, come se la possibilità di uno svolgimento serio del tema fosse ancora in discussione. Decide della cosa il «presto» seguente, un tempo di sonata liberamente trattato, con l'impiego dell'idea principale nel gruppo secondario, affine, per vivacità, all'ouverture del «Figaro» anche se tematicamente non altrettanto incisivo. Quel non so che di inconsistente, di irreale, della vicenda si riflette anche nei colori cangianti dello sviluppo fortemente modulante. Nella coda riappare ancora una volta il «motto», il titolo dell'opera, come un discreto interrogativo. Risponderà con inequivocabile chiarezza la piena orchestra. Ridacchiando, il tema principale sancisce il perentorio dato di fatto, per subito lanciarsi, su un inebriante crescendo, nel festoso «fortissimo» delle battute conclusive.
All'orchestra, importantissimo elemento di forza drammatica, sono qui riservati compiti assai grati. Dopo il piú aspro linguaggio sonoro del «Don Giovanni», è ora la bellezza timbrica del «Figaro» che ritrova una nuova, forse ancor piú eterea, perfezione. Balzano in primo piano certe consuetudini italiane, come l'elastica adattabilità del periodo, la tendenza agli effetti descrittivi e al gioco aforistico con piccoli temi. Per contro, la trattazione dei fiati risulta piú moderna e personale. L'impiego di strumenti solistici concertanti, come nella seconda aria di Fiordiligi (n. 25), potrebbe ricondursi all' Idomeneo (FILE PDF); ma l'amalgama dei colori è diventato piú morbido. La calda sensualità del clarinetto si fa espressiva interprete dei sentimenti d'amore, mentre la voce piú asprigna dell'oboe accompagna di preferenza il sarcasmo di Alfonso. La gioia di riprodurre in orchestra l'architettura scenica, vale a dire un impulso puramente formale, conferisce al quadro della partitura una sua nota tutta speciale. Una piú accentuata differenziazione dei raggruppamenti strumentali crea momenti di squisita modernità. Si consideri il tono prettamente serenatistico del quartetto (n. 22) e della precedente serenata per fiati appartenente al delizioso duetto con coro (n. 21): questi due pezzi si direbbero il tempo centrale e finale di una «Abendmusik» (serenata) galante.


Overture


Se il sanguigno fervore del «Figaro», se la superumanità di «Don Giovanni» tendevano fin da principio a scostarsi dal genere ornamentale della tradizione per entrare nel mondo della vita vera, «Cosí tan tutte», lieve gioco satirico, evanescente condusione del meraviglioso trittico di amore, ci riconduce sorridendo alla commedia di tipi stilizzata, svincolata da condizioni di tempo e di luogo.
Non per nulla, delle tre opere questa è la meno legata ai cambiamenti di scena (tradizionali nell'opera buffa) prescritti dal librettista. Notevoli riedizioni recenti hanno dimostrato come sia possibile rappresentarla con un'unica scena senza comprometterne il significato originario. Alla sola condizione, però, di non turbarne l'olimpica, quasi geometrica, simmetria strutturale.


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