QUARTETTO D’ARCHI
Il quartetto d'archi è un gruppo strumentale composto da
due violini,
una viola e un violoncello. Una composizione scritta per il medesimo organico prende
il nome di quartetto per archi.
Come forma,
esso si sviluppa nel quadro dello stile galante e sotto l'influenza
del divertimento verso la metà del XVIII secolo. Ha come origine
il raggruppamento degli strumenti a
corda in seno all'orchestra,
lasciando i contrabbassi doppiare i violoncelli. Karl Stamitz e François-Joseph Gossec separano i
loro quartetti in due categorie: quelli da suonare con quattro strumenti e
quelli che debbono essere suonati da un'orchestra.
Luigi Boccherini |
Nel
periodo del classicismo viennese [PDF], a partire da Franz Joseph Haydn (autore di 83 quartetti) e da Wolfgang Amadeus Mozart, il quartetto
diviene il genere più in voga nel repertorio della musica da
camera.
Un quartetto classico è solitamente
strutturato nella seguente maniera.
- 1° movimento: un tempo in forma-sonata
- 2° movimento: un adagio, che può avere la forma musicale di un lied [PDF], di un movimento lento, di tema e variazioni o una semplice struttura A - B - A
- 3° movimento: un minuetto con trio, oppure uno scherzo (che venne introdotto da Beethoven)
- 4° movimento: un rondò nelle sue varie forme
Federico Guglielmo II di Prussia |
Altri importanti compositori di quartetti del periodo classico furono soprattutto musicisti di area germanica: i loro quartetti rispecchiavano spesso lo stile del parigino quatuor concertant (quartetto concertante). Anche gli ultimi tre quartetti mozartiani, i "quartetti prussiani" (K. 575, 589 e 590 [mp3], scritti per Federico Guglielmo II di Prussia) riflettono questo spirito: nel frontespizio della prima edizione a stampa (1793) sono addirittura definiti konzertante Quartetten. Nei prussiani, Mozart scrive una parte molto impegnativa e ricca di passi preminenti per il violoncello (probabilmente per compiacere il sovrano prussiano, che suonava tale strumento), bilanciandola con l'aggiunta di parti altrettanto impegnative per la viola e il secondo violino.
Il successo del quartetto d'archi si basa su aspetti sonori e sociologici. Il contrappunto con quattro parti permette di far sentire tutte le armonie senza superflui raddoppi. Il quartetto permette inoltre una grande omogeneità di timbro e l'equivalenza delle voci nel lavoro di contrappunto.
Il
quartetto è fortemente apprezzato dai compositori romantici.
Resta sinonimo di sforzo, concentrazione e rigore. Durante tutto il XIX secolo è
una specificità tedesca e, in minima parte (soprattutto verso la fine del
secolo), anche francese. Esistono anche eccezioni, come ben testimonia la
presenza di un quartetto nel catalogo delle opere di Giuseppe Verdi, così come
meravigliosi sono i tre quartetti di Caikovskij e i due di Borodin, in scandinavia,
Nielsen, Grieg e Sibelius.
Aleksandr Borodin - String Quartet n. 1
[MP3]
I. Moderato - Allegro
II. Andante con moto
III. Scherzo. Prestissimo - abridged
IV. Andante - Allegro risoluto
Aleksandr Borodin - String Quartet n. 1
[MP3]
I. Moderato - Allegro
II. Andante con moto
III. Scherzo. Prestissimo - abridged
IV. Andante - Allegro risoluto
Aleksandr Borodin |
Aleksandr Borodin - String Quartet n. 2
[MP3]
I. Allegro moderato
II. Scherzo. Allegro
III. Nocturne. Andante
IV. Finale. Andante - Vivace
I
compositori segnati dall'estetica wagneriana del Gesamtkunstwerk [PDF] (opera
d'arte totale), dalla musica a programma (Hector
Berlioz e Franz Liszt),
oppure dal cromatismo e dalla potenza orchestrale di Wagner (Anton
Bruckner, Gustav Mahler e Richard
Strauss) si disinteressano totalmente del quartetto come stile
musicale.
Durante la
seconda metà del XIX secolo, il quartetto d'archi rappresenta, per i
sostenitori della musica pura (ad esempio Eduard Hanslick e Johannes Brahms) il
genere nobile per eccellenza: l'ascolto di un quartetto sarebbe sinonimo di
contemplazione delle forme musicali per ciò che sono, in opposizione ai
difensori della musica a programma (Liszt e il suo circolo di Weimar).
Brahms
String Quartet op. 51 n. 2
in A minor
All'inizio del XX secolo il quartetto è, per alcuni compositori (Claude Debussy, Leos Janacek, Alexander v. Zemlinsky, Arnold Schönberg, Alban Berg, Anton Webern, Maurice Ravel e Béla Bartók), analogo alla sperimentazione, alla tappa nella ricerca di un ideale in campo di composizione musicale, a tal punto che il critico musicale Dominique Jameux parla di "laboratorio delle forme". Il quartetto di Gabriel Fauré (scritto nel 1924) è l'opera di un musicista desideroso di ultimare la sua lunga carriera di compositore con un capolavoro di purezza ed ascetismo. I due di Prokofiev sono ancora alla ricerca della giusta considerazione. Si tratta in questi ultimi casi di opere essenzialmente isolate anche se di un'importanza spesso capitale nella storia della musica.
Al
contrario Darius Milhaud (autore di 16 quartetti), Heitor Villa-Lobos (17), e soprattutto Dmitrij Šostakovič (15), hanno
contribuito, per l'importanza e la qualità del loro lavoro, a rinnovare la
tradizione di questa forma musicale. In Italia hanno
apportato un significativo contributo alla letteratura per quartetto i
musicisti Gian Francesco Malipiero e Giacinto
Scelsi. Va infine ricordato il quartetto per archi op.1 del
celeberrimo pianista canadese Glenn Gould.
La generazione del dopoguerra tenta un rinnovamento del quartetto (Olivier Messiaen con il suo Quartetto per la fine del tempo [PDF], per violino, violoncello, clarinetto e pianoforte, composto mentre era internato in un campo prigionieri in Slesia durante la seconda guerra mondiale; Pierre Boulez con il suo Livre pour quatuor à cordes, scritto nel 1948) prima di relegarlo tra i pezzi da museo dei generi musicali appartenenti a un passato oramai remoto.
"Non ho voluto in alcun modo fare un commento dell' Apocalisse, ma soltanto motivare il mio desiderio della fine del tempo. La musica può prepararci a tutto ciò come immagine, come riflesso, come simbolo. La musica ci porta a Dio, per difetto di verità, fino al giorno in cui Lui ci abbaglierà per eccesso di verità. Questo è il senso della musica."
Le generazioni seguenti, segnate dal postmodernismo [docs] (musica postmoderna), si reinteressano al genere, preoccupandosi di dialogare con la storia e di riannodare con la tradizione. Se György Ligeti ed Elliott Carter fanno da precursori in questo campo, Helmut Lachenmann in Germania, Brian Ferneyhough in Gran Bretagna, Philippe Fénelon e Philippe Hersant in Francia, ognuno per la propria strada, sembrano non voler più derogare alla regola secondo la quale ogni compositore affermato deve misurarsi con un genere reputato difficile.
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