Eleonora Coppola
Beethoven: sonata per pianoforte in re minore n. 17, Op. 31 No. 2 - "TEMPESTA"
«Noi esseri finiti con uno spirito infinito, non siamo nati che al dolore e alla gioia, e
si potrebbe anzi dire che i più eletti giungono alla gioia attraverso il dolore».
Beethoven e la “Tempesta”
Destinata a divenire la più importante forma di musica assoluta la FormaSonata, sul finire del '700, si specifica come tripartita e bitematica: le tre parti sono chiamate esposizione, svolgimento e ripresa. L'Esposizione presenta il materiale tematico principale, stabilisce la tonalità di riferimento e modula alla dominante se la sonata è in modo maggiore, o al relativo maggiore se il tono d'imposto è in minore; dal primo tema si passa senza interruzione ad un episodio modulante, meglio definito come Ponte modulante o Transizione, che funge da collegamento, sia tonale che tematico-strutturale, tra I° e II° tema. Questa seconda zona tematica, esposta nel tono del contrapposto, di solito ha un carattere più lirico e più tranquillo di quello del primo tema e si dice talvolta che è più "femminile".
Alla fine di ognuno dei due temi principali vi sono una o più idee secondarie, le Codette, con funzione per lo più cadenzale, di conclusivi definizione tonale e sanzionamento tematico.
Primo movimento - Largo | (7 00") | |
Secondo movimento - Adagio | (7' 14") | |
Terzo movimento - Allegretto | (6 55") | |
Partitura in PDF: | ||
Anche di questa il manoscritto originale è perduto. Gli abbozzi, riguardanti prevalentemente il primo tempo, si trovano nel quaderno Kessler, ove precedono di una cinquantina di pagine quelli della Sonata in sol maggiore, testé veduta, che tuttavia figura come la prima dell’opera.
Nella proposizione Adagio-Allegro delle prime venti battute è contenuto già in nuce lo spirito dell’intero tempo : non vi appare soltanto il primo tema — esposto per così dire allo stato di riposo — ma anche il senso di agitazione del secondo, che seguirà con tanta ampiezza e passione dopo che il primo, completato in un certo senso dall’aggiunta di una tenue frase implorante, sarà passato all’azione con l’entrata dell' Allegro vero e proprio alla ventunesima battuta. Lo sviluppo, basato sul primo tema, è anch’esso a forte tinta drammatica. Molta efficacia ha poi l’introduzione del recitativo nella riproposizione Largo-Allegro con cui si inizia la ripresa. Nella coda una ulteriore derivazione del secondo tema disperde l’agitazione nel cupo mormorio del basso.
(Beethoven - Tempesta I mov. Largo)
Un Adagio segue una linea di graduale schiarita: dallo esordio misterioso, a piccole frasi, alla progressione ascendente della melodia in crescendo accompagnata dalla figura di timpano del basso e alla limpida definizione del secondo tema, che ne stabilisce il punto centrale luminoso, per poi tornare di nuovo ad oscurarsi e ripetere il ciclo, con un poco più di animazione nella prima parte, fino alla conclusione insieme tranquilla e velata.
(Beethoven - Tempesta II mov. Adagio (Daniel Barenboim))
Una pagina di fascinosa fantasia, che prepara adeguatamente l’Allegro finale. Di questo è stato detto ch’esso « risuscita una specie di super clavicembalo, o evoca una inesistente arpa a tastiera con il suo moto fitto e continuo nello svariare dei coloriti dinamici e delle tinte armoniche ». Parole che, mentre definiscono la fisionomia tecnica, schiudono l’adito a immaginazioni di delicatezza, di colori translucidi, di giuoco raffinato, di preziose filigrane.
(Beethoven - Tempesta III mov. Allegretto)
È da ricordare una qualche analogia con l’ultimo tempo della Sonata in la minore K. 310 di Mozart Pdf (Presto Sonata k.310), tenendo sempre presente però che quello che era ivi elemento concomitante sostenitore o integratore di melodia assurge ora ad entità per sé stante assunta a nucleo primo ed indipendente di un fatto creativo nuovo. Un movimento simile assumerà anche la paginetta pianistica Per Elisa (Partitura + Mp3) composta da Beethoven nel 1810. Lo Schindler racconta che, avendo molti anni dopo (1823) chiesto a Beethoven di rivelargli la chiave per l’interpretazione delle due Sonate op. 31 n. 2 e op. 57 (Appassionata), si sarebbe sentito rispondere : «Leggete La tempesta di Shakespeare». Se Beethoven abbia in tal modo voluto suggerire il primo spunto di una «interpretazione autentica», o non piuttosto liberarsi evasivamente da una domanda importuna, non sapremmo dire ; fra i moderni esegeti il Rolland pende per la prima ipotesi, il Riezler per la seconda. Il Rolland paragona la Stimmung generale della Tempesta (« Le déchainement des forces élémentaires, passions, folies des hommes et des Eléments. Et la domination de l’Esprit magicien qui assemble et dissipe, à sa volonté, l’illusion ») all’arte beethoveniana di quest’epoca e particolarmente nel primo tempo dell’op. 31 n. 2 e in tutta l’op. 5 7 (« Le torrent d’une Force implacable et sauvage. La souveraineté de la pensée qui piane par dessus »). Ma tornando ad una interpretazione più aderente alle parole che avrebbe detto Beethoven -—- e ben lontani tuttavia sempre dalla preoccupazione di Schindler che si domandava: dovei — potremmo pensare ch’egli abbia rivissuto e risentito inconsciamente in sé tutto il mondo della commedia shakespeariana: nell’orrore e nella grandiosità della tempesta, nella magia di Prospero, negli incantesimi che avvolgono l’isola di suoni e rumori misteriosi, nel trasvolare di Ariele, nel tenero amore di Miranda e di Fernando; e che a tutto questo, come ad una determinante generica, l’anima dell’artista possa aver attinto la sua prima e profonda ispirazione di fantasia, attuandola poi in forme concrete puramente musicali, libere da ogni particolare riferimento. Tale non è l’idea dello Schering che, quasi a rispondere oggi al dove? dello Schindler, ha voluto invece localizzare scene e musiche, citando per il primo tempo l’atto I, scena III (Fernando sente il richiamo dell’invisibile Ariele e ascolta commosso la ballata con la quale esso gli parla del padre morto); per il secondo l’atto III, scena I (duetto d’amore tra Fernando e Miranda); per il terzo l’atto V, scena I (immagine caratteristica del folletto Ariele, secondo la sua canzone).
In un aneddoto si racconta che Beethoven, a proposito dell’ispirazione di questo brano, affermasse di aver composto il tema dell'ultimo movimento dell'op. 31 n. 2 dopo aver visto un cavaliere al galoppo, mentre era affacciato alla finestra della sua residenza estiva nella campagna di Heiligenstadt vicino Vienna. Non bisogna certamente sopravvalutare il valore di riferimenti simbolici di tal genere, anche se la suggestione è forte: lo scalpitìo regolare degli zoccoli sul selciato (al modo di un initerrotto ˘˘˘−˘˘˘−˘˘˘− etc.) richiama il continuum metrico-figurativo che sostanzia l’intero movimento; e tale rappresentazione potrebbe pure adattarsi al carattere bizzóso – imbizzarrito se riferito al …cavallo – del secondo tema.
Peraltro per un compositore può essere cosa imbarazzante sentirsi sollecitato su questioni inerenti il significato della propria musica – ed è cosa nota che proprio il Nostro rivelasse una certa insofferenza nel mostrarsi laconico e sbrigativo al proposito. D’altra parte all'ascoltatore più o meno musicalmente sprovveduto può sembrare cosa essenziale il riferimento immaginativo extramusicale, perfino ai fini di un ascolto emozionalmente più partecipe. Quindi non bisogna meravigliarsi, magari pensando solo ad un "bluff" del compositore, quando questi cerca di far rientrare nel mondo la sua poetica nei confronti del materiale sonoro.
Shakespeare e Beethoven: l'incontro della poesia e della musica
Da una testimonianza di Schindler sappiamo che la Sonata opera 31 n. 2 di Beethoven ha la sua chiave interpretativa nella “Tempesta” di Shakespeare. Infatti essa è costituita da tre sonate giudicate di diverso valore artistico dalla critica.
È l'ultima volta, del resto, che Beethoven riunisce in una sola opera tre sonate. La Sonata in re minore op. 31 n. 2 (1802) è contraddistinta da un vivo gioco di chiaroscuri nel 1° tempo, da un'arcano e suggestivo lirismo nel 2° tempo e da un tenero fantasticare nell'ultimo. Si dice che, interrogato proprio a proposito di questo stupendo Finale, Beethoven rispondesse: "Leggano La Tempesta di Shakespeare". Il riferimento è senza dubbio assai significativo e testimonia peraltro il raffinato gusto letterario del Maestro. Le commedie dell'ultimo Shakespeare, e tra queste La Tempesta, sono modulate con sottile sensibilità, articolate su un gioco scenico in cui la riflessione si alterna agli impulsi naturali, il reale al meraviglioso, la comicità alla malinconia.
(Concerto-incontro illustrato su Beethoven e Shakespeare. Conduzione ed esecuzione al pianoforte di Giulio Giurato. Intervento di Giacomo Foschini e Jacopo Senni.)
Partendo da questa ipotesi, dunque, l’ascoltatore abituale così come il neofita vengono condotti a scoprire cosa accomuna i due capolavori fino ad un’altra ipotesi interpretativa più universale. Attraverso un percorso fatto di immagini, esempi musicali, letture e l’esecuzione al pianoforte della Sonata, l’intento della serata è di aiutare a un approccio personale più approfondito ai capolavori della grande musica.
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